Rivista "IBC" XXIV, 2016, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne

Ai musei di San Domenico di Forlì una mostra ripropone l'attualità di Piero della Francesca con una lettura trasversale che spazia dal rinascimento all'arte del Novecento.
A proposito di Piero

Elisabetta Landi
[Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna]

Nell'universo visibile le cose ci appaiono come sono e come possono essere riprodotte, perché l'intersezione prospettica garantisce certezze di misure...A Piero fu concessa una geniale lucidezza dello scrutinio delle cose (Antonio Paolucci).

 

Le cose, nei dipinti di Piero della Francesca, erano volumi solidi e masse di colore che costruivano i corpi, esaltando la "Divina proporzione": un linguaggio antichissimo il suo, ma anche molto moderno, che celebrava un'idea senza tempo. Così la sua opera, "sintesi di forma e di colore" prospetticamente reale, diventò un'icona, sia per le generazioni successive che a secoli di distanza. La formula di una "pittura di luce" che coniugasse il colore del Beato Angelico con la plasticità di Masaccio era piaciuta: a Giovanni Bellini, Luca Signorelli, Antoniazzo Romano e in area padana a Melozzo, Marco Zoppo, Francesco del Cossa, ai Lendinara e a molti altri e persino più tardi quell'universo ordinato continuò a esercitare il suo fascino sugli artisti. A cominciare da Cézanne.

Oggi, una mostra audace e di forte impatto ripropone l'attualità di Piero con una lettura trasversale che spazia dal rinascimento all'arte del Novecento. Allestita nelle sale dei Musei di San Domenico, grazie alla Fondazione Cassa dei Risparmi e in collaborazione con il Comune di Forlì, questa esposizione ideata da Gianfranco Brunelli e coordinata da Antonio Paolucci racconta attraverso più di duecento opere − con cinque dipinti del maestro − la persistenza di un mito e la sua riscoperta quando, dopo una parentesi durata alcuni secoli, i Macchiaioli, gli Impressionisti e dopo di loro Casorati, Giorgio Morandi e persino Balthus ed Edward Hopper rilanciarono la figura del pittore di Sansepolcro.

Il suo recupero critico era cominciato a fine Ottocento, prima con le grandi campagne di restauro delle opere del Quattrocento toscano che formarono l'immaginario dei Macchiaioli e poi nel 1897, quando un ancora giovane Bernard Berenson, arbitro del collezionismo d'oltreoceano, arrivato a Monteoliveto si innamorava del rinascimento toscano e ne rievocava il mito con un'opera capitale, The Central Italian Painters of the Renaissance. Fu merito di Berenson ristabilire la grandezza e la centralità di Piero, seguito dal modenese Adolfo Venturi (Storia dell'Arte, 1911) e da Roberto Longhi, il quale, prima con il saggio su Piero dei Franceschi (1914) e poi con una fortunata monografia (1927), rivendicò all'artista la responsabilità della "italianizzazione dello stile".

L'intellettualità europea fece subito eco con i copisti francesi che si cimentarono con i dipinti del maestro e poi con la rilettura inglese divulgata dal Gruppo letterario di Bloomsbury, del quale faceva parte Virginia Wolf.

Per molti aspetti si può dire che proprio il Novecento sia stato il "secolo di Piero": per il costante incremento portato allo studio della sua opera, per il riconoscimento della centralità della sua attività nel cuore del rinascimento italiano ma soprattutto per l'universalità senza tempo che ne collega la pittura alla produzione moderna, come si vede quando si confronti l'astratto rigore geometrico della Madonna della Misericordia della Pinacoteca di Sansepolcro, chiusa nella contemplazione della propria perfezione geometrica con la Silvana Cenni di Felice Casorati, solenne e ieratica Mater Matuta.

Questo ed altri confronti inediti tra passato e presente, di straordinaria efficacia, vengono offerti dalla mostra, articolata in un rimando continuo tra critica e immagine, ricerca storiografica e produzione figurativa. Non a caso il percorso espositivo si apre con due opere tra di loro lontanissime eppure ispirate entrambe in epoche diverse al ritratto diafano della duchessa di Urbino nel dittico degli Uffizi: il busto di Battista Sforza di Francesco Laurana, proveniente dal Museo del Bargello, e il profilo dagli occhi sigillati de L'amante dell'ingegnere di Carlo Carrà, un'icona misteriosa dove la presenza di una squadra e di un compasso evoca la personalità di Piero pittore e matematico, introducendo al senso dell'esposizione. Varie e articolate le sezioni, scandite secondo il fil rouge della fortuna critica del maestro di Sansepolcro: dalla celebrazione in vita, quando Luca Pacioli lo definiva il "monarcha de la pictura" al lungo oblio durato secoli fino alla esaltante riscoperta in età moderna con lo spettacolare ritorno alla dimensione nazionale della pittura murale rievocata attraverso gli esempi di Funi, Casarini, Campigli. Introducono al clima le due monumentali copie degli affreschi di Arezzo collocate lungo lo scalone, prestito sensazionale dall'École des Beaux-Arts di Parigi e restaurate per l'occasione.

L'edificio del corpo e la geometria della natura sono poi protagoniste della sezione successiva, dove scorrono in rassegna capolavori straordinari del rinascimento italiano, prima e dopo Piero: dal Beato Angelico a Paolo Uccello, da Domenico Veneziano ad Andrea del Castagno, a Filippo Lippi, Luca Signorelli fino agli emiliani Marco Zoppo, Cristoforo Canozi da Lendinara, Francesco del Cossa, Ercole de' Roberti, ai romagnoli Melozzo da Forlì e Marco Palmezzano e al veneziano Giovanni Bellini, rappresentato dall'impressionante sottinsù della Pietà vaticana. Una rassegna completa sulle origini pittoriche e le conseguenze di Piero sulla produzione figurativa italiana, che lascia il posto a una riflessione prima d'ora assolutamente inedita sul ritorno all'ordine del Novecento tra metafisica e realismo magico. Scorrono, nelle sezioni seguenti, capolavori di Morandi, Guidi, Casorati, Gaudenzi, Soffici fino ai neoprimitivi e ad altri pittori del Novecento dei quali qui, in questa mostra veramente storica, si afferra finalmente con un impatto didattico formidabile la volontà di rilanciare il mito di Piero, un mito contemporaneo da restituire alla piena e universale modernità.

Mostra: Piero della Francesca. Indagine su un mito, Forlì, Musei di San Domenico, 13 febbraio 2016 - 26 giugno 2016

Catalogo della mostra: Piero della Francesca. Indagine su un mito, a cura di Antonio Paolucci, Daniele Benati, Frank Dabell, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2016, pp. 398

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