Rivista "IBC" XXV, 2017, 2

musei e beni culturali / storie e personaggi

A Franco Maria Ricci è stato assegnato a Parma il premio del Museo Bodoni.
L’utopia dell’effimero

Margherita Spinazzola
[IBC]

La Fondazione Museo Bodoniano di Parma ha onorato Franco Maria Ricci con il Premio Bodoni. Una elegante foglia di onice accoglie una cassetta di punzoni in miniatura; premia uno dei più illustri e fedeli componenti del consiglio della Fondazione, nel quale ha rappresentato anche il Comune di Parma.

Corrado Mingardi, bibliofilo e collezionista, vede in Franco Maria Ricci i segni della frenesia dell’utopia, sin da quando giovanotto di enormi speranze, esploratore, geologo, cercatore di petrolio e cos’altro mai, pubblica nel 1965 senza alcuna esperienza il fac-simile del Manuale Tipografico. La sua era stata una vera folgorazione, quella del Parmigiano che riconosce e si immedesima in un tratto estetico che solo chi è cresciuto frequentando i volumi della Biblioteca Palatina, benedetto dalle forme sacre di Antelami e quelle apparentemente tali del Correggio, o come scrive lo stesso Ricci “nato sul Po, dal nome cinese”, poteva riconoscere fino ad assumere una metempsicosi stilistica che diventerà la sua cifra.

Non secondario è un aspetto meno noto della sua figura, tuttora ricordato da Mingardi nel corso della cerimonia volutamente fra soli amici: la vera passione – anche se viene da pensare una sola fra le tante – per la famiglia Bonaparte, i cui busti ha collezionato in quella Wunderkammer che è la sua residenza. La fascinazione per il personaggio storico è facile segno dell’ammirazione della volontà, del pensiero ‘in grande’, di quanto colto dallo stesso Manzoni.

Se negli occhi di un ragazzo c’era sicuramente la frenesia, l’utopia non ne ha mai abbandonato il cuore. Come si potrebbero altrimenti concepire i 180 numeri di “FMR” che hanno segnato un’epoca, le edizioni della collana “I segni dell’Uomo” che illustrano ora la Bugatti con un racconto di Tabucchi, ora Ligabue con un testo di Cesare Zavattini, ora Erté con testo di Roland Barthes, ora Lanvin, ora Ferragamo…Come si potrebbe vendere tutto per rincorrere e finanziare il sogno, realizzato, del Labirinto.

È noto che la sigla a nome della mitica “FMR”, se letta in francese, si legge éphémère: il vocabolario Treccani ci ricorda che l’aggettivo diventa sostantivo proprio negli anni del suo floruit, “per indicare un insieme di manifestazioni culturali o ricreative, di carattere spettacolare e di breve durata, promosse, nell’ambito di una politica di valorizzazione dei centri storici, dagli assessorati alla cultura di alcune grandi città italiane, accanto e in antagonismo ad attività istituzionali e permanenti”. Nella mente di Ricci prima e nelle sue mani poi, l’utopia diventa realtà. Come i caratteri e gli spazi che scandiscono con metodica precisione i libri di Bodoni, così il suo effimero si fissa nel tempo e nei tempi: allora crea una rivista passata alla storia, consegna artisti ai posteri, oggi apre un parco culturale a Villa Masone.

In questo perenne inseguimento del bello, nella generosità non solo intellettuale verso la Fondazione e di cui chi scrive è testimone, sta la motivazione del premio. Come recita l’iscrizione dedicata a chi di Giambattista Bodoni è “magnifico erede e conterraneo”. Il conferimento della Presidenza Onoraria della Fondazione è ciò che più ha commosso e gratificato Ricci, a riprova del suo illuminato quanto disinteressato coinvolgimento nelle sorti della Fondazione.

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