Rivista "IBC" XXVII, 2019, 3

biblioteche e archivi / pubblicazioni

Recensione al volume che raccoglie gli atti del convegno tenuto a Bologna nel 2018 dedicato al grande studioso di Leonardo, Carlo Pedretti.
Con Leonardo a Bologna

Margherita Spinazzola
[Già funzionario IBC]

Con Leonardo da Vinci a Bologna. Atti del convegno. Bologna, 15 maggio 2018, Rosaria Campioni ci restituisce con la consueta precisione i contenuti dell'iniziativa ideata da Learco Andalò. Il volume da lei curato, edito dal Comune di Bologna nella collana “Biblioteca de l'Archiginnasio”, è stato pubblicato a meno di un anno dallo svolgimento del convegno. La sorte ha quindi voluto che uscisse nell'anno fitto di iniziative dedicate a Leonardo; in realtà l'incontro nacque per celebrare il grande studioso Carlo Pedretti, a pochi mesi dalla sua scomparsa. Quale miglior luogo se non l'Archiginnasio, dove il giovane Pedretti diede vita ad una epocale mostra dedicata a Leonardo nel 1953 e il cui catalogo rimane pietra miliare degli studi in materia?
La composizione degli interventi dichiara subito l'intento e lo spirito del convegno: volgere non uno ma tanti sguardi sul Vinciano e sulle tracce di lui visibili o ricostruibili in terra bolognese e vicina. La prospettiva degli sguardi cambia in ogni saggio, andando dalla storiografia alla app, dall'arte alla gastronomia, dalla filosofia al mito. Su tutto vigila e ancora tiene le fila la prolusione scritta da Carlo Pedretti nel 2009, qui ristampata in appendice. Il volume è completato da numerose tavole a colori, sia fuori testo che ad integrazione dei contributi presenti.

Quella del 1952 non fu certo manifestazione effimera. Affidata come fu ad un giovanissimo e promettente studioso quale era Pedretti, raccolse intorno a sé e spinse con felice abbrivio coloro che sarebbero diventati i massimi esperti: Anna Maria Brizio, Giuseppina Fumagalli, Giorgio Castelfranco ed altri, a loro volta seminatori di nuovi talenti. Era una Bologna del dopoguerra, dove Pedretti incontrava nelle librerie antiquarie Pier Paolo Pasolini, Roberto Roversi, il bibliotecario Francesco Leonetti e dove Zanichelli ancora vendeva le pubblicazioni dell’Istituto Vinciano. Nei suoi inizi bolognesi, il Professore contava sui pionieri dello studio moderno, in primis di Emil Möller, il decano dei leonardisti, ma anche di Siro Taviani e Rolando Bianconi, rispettivamente odontoiatra e falegname dalla cui collaborazione di studio e disegno su anatomia e moto Pedretti trasse l’intuizione della necessità di riprodurre – manualmente dati gli anni – i disegni autografi a corredo di qualsivoglia interpretazione scientifica degli stessi. Ma anche Raffaele Giacomelli col quale intrattenne sempre affettuosa ed arguta corrispondenza. I criteri che governarono mostra e catalogo hanno informato tutte le successive mostre, in particolare quelle grazie alle quali Pedretti, in un solo decennio, portò al pubblico italiano più di 200 fogli autografi di Leonardo.
Roberta Barsanti, direttrice della Biblioteca e del Museo leonardiani di Vinci e membro del Comitato nazionale per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, ripercorre con grande precisione e vivacità proprio questo aspetto: il susseguirsi e i contributi degli studiosi di Leonardo.
Marco Pellegrini, professore di Storia rinascimentale all’Università di Bergamo, ricostruisce il viaggio di Leonardo a Bologna nel 1515, il cosiddetto ‘convegno di Bologna’. All’indomani di una sfortunata presa di posizione di Luigi XII contro il papato, al successore Francesco I non rimase che un prudente ripiegamento almeno a parole – ma con giudizio, in quanto sostenuto da un rafforzato e temibile esercito – nei confronti di Leone X. L’incontro, con contorno di nozze dinastiche Medici e Savoia, si tenne a Bologna, per fare sì che i Francesi, già padroni del nord Italia, non allargassero la sfera d’influenza anche a Roma, dietro il paravento della fedeltà al soglio. Leonardo è a Bologna al seguito dei Medici, anche in cerca di spazi più ampi di quelli dominati a Roma da Raffaello e Michelangelo. Proprio a Bologna, non sfugge a Francesco I il vantaggio di assicurarsi i servigi del Nostro, che avrebbero dato sicuro lustro alla casata. E fu davvero ’nuovo mattino’, come ricordato da Learco Andalò nella sua citazione da Edmondo Solmi.

Massimo Montanari, docente di Storia medievale e Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna, propone una lettura socio-culturale della gastronomia europea fra XV e XVI secolo, con la distinzione fra tavola signorile e tavola plebea, non priva di incursioni e scambi fra le due soprattutto in Italia. Se in epoca altomedievale la cacciagione sposava e sottolineava la figura del signore, potente cacciatore e forte condottiero, all’affacciarsi del Rinascimento la cacciagione a tavola lasciava spazio alla selvaggina che, con la maggiore leggerezza denotava raffinatezza di gusto sottintendendo anche quella politica. Pasta e formaggi, elementi contadini e di basso valore economico e sociale, raggiungono in questo periodo le mense più alte, vuoi come complemento nel caso dei latticini, vuoi come base per torte arricchite da elementi pregiati. Si affaccia anche la figura del cuoco artista dell'apparire del cibo oltreché del suo sapore; si diffonde lo zucchero, non solo dolcificante ma ingrediente necessario alle architetture pasticcere. Che dire poi del travaso di generi, tecniche e testi culinari che, proprio come Leonardo, segnarono un passaggio fra Italia e Francia? Non che mancassero libri oltralpe, nè riferimenti francesi nella primissima cucina italiana. Tuttavia, il modello italiano si impone da Mastro Martino fino all'inevitabile egemonia determinata dalle nobili spose medicee in terra di Francia: Caterina prima e Maria poi, legando i due paesi verso il rinnovamento della cucina europea.

Franco Bacchelli, dell'Università di Bologna, focalizza l'attenzione su alcuni dei libri posseduti da Leonardo. Quella della ricostruzione della biblioteca del Vinciano è esercizio frequente, spesso intrapreso per capire quale fosse la cultura personale e scientifica del possessore. Quasi sempre, gli studi si basano su scarni elenchi giunti fino a noi, oppure sui titoli cui lo stesso Leonardo fa riferimento nei suoi scritti. In particolare, Bacchelli si sofferma su una decina di libri personalmente consultati, sicuramente posseduti e letti da Leonardo. Fra questi, spiccano non poche grammatiche latine, che lo sostennero nello studio della lingua necessario per le sue stesse letture scientifiche. Non mancano testi curiosi e controversi come il Manganello, in difesa dell’omosessualità e critica delle donne, insieme a testi di filosofia, neoplatonici e di teologia. Di grande interesse si rivela lo spagnolo Pietro Monte, esplicitamente citato da Leonardo.

La storica dell’arte Carla Bernardini ci parla di Giovanni Antonio Boltraffio, allo stesso tempo allievo ed amico di Leonardo, la cui presenza a Bologna è confermata dalla pala Casio. Il dipinto ritrae la Madonna col Bambino, i santi Giovanni e Sebastiano, i due committenti (Girolamo Casio, appunto) e un angelo musicante. Se nel 1953 la figura di Boltraffio non era ancora ben delineata, alla mostra dell’Archiginnasio e al suo catalogo va comunque il merito di una rigorosa lettura delle fonti e della indicazione della rete di committenze e relazioni bolognesi. Si torna dunque, per così dire, allo spirito di quel ‘convegno di Bologna’ di cui si è dato conto, momento di passo ed incontro di diverse figure ed intelletti: in questo caso, attraverso la personalità di Boltraffio e della sua frequentazione leonardesca, è importante l’incontro fra emergenze locali e la scuola lombarda.

Non a caso, un rigoroso studio bibliografico sugli studi di settore fra il XVIII secolo e le celebrazioni del 1953, è firmato da Roberto Marcuccio, responsabile del settore manoscritti e libri a stampa antichi della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. L’autore riordina in maniera cronologica e critica quanto pubblicato su Leonardo allorquando si acquisivano le basi della più recente critica vinciana. Gli anni a cavallo fra XVII e XIX secolo sono incentrati sulla raccolta e ricognizione dei documenti originali. Subito spicca il grande contributo emiliano, con Giovanni Battista Venturi che presenta il suo studio all’Institut de France, diventando il primo divulgatore di Leonardo come lo intendiamo. Nè fu da meno Carlo Amoretti, le cui tracce parmensi non possono essere sottovalutate, ma neanche quelle del milanese Giuseppe Bossi o del romano Guglielmo Manzi che si chinarono sull’opera pittorica di Leonardo. Quasi negli stessi anni, si sviluppavano grazie a Gilberto Govi le pubblicazioni dei codici, coniugando sete scientifica e afflato risorgimentale per la costruenda Patria. A un altro grande emiliano, Edmondo Solmi dobbiamo non solo una biografia ma anche una antologia destinata a tratteggiare ai più la figura vinciana, libro d’affezione anche per Paul Valéry e Sigmund Freud, creando il sostrato cui Predetti stesso attingerà per cominciare a comprendere l’indole di Leonardo. Solo grazie a questa evoluzione impeccabilmente descritta, si può spiegare “l’uomo ordinario” che sarà protagonista delle mostre e delle pubblicazioni che culmineranno con la più volte citata del 1953 a Bologna.

Dario Apollonio ci porta nel mondo del virtuale con una app di viaggi, che mappa cronologicamente e georeferenzia gli spostamenti di Leonardo in Italia, Bologna inclusa. La base dati sottostante, realizzata con le informazioni scientifiche ricevute, consente la correlazione fra i viaggi del Vinciano, le opere realizzate, gli aneddoti, in un dato luogo e momento.

Volutamente, si riporta qui per ultimo l’intervento di Marco Antonio Bazzocchi, delegato alle attività culturali dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Lo scritto dà infatti voce alla polisemia leonardiana voluta dall’ideatore del convegno e rispettata dalla curatrice del volume, senza contare la risposta implicita alla chiamata di Pedretti in tal senso e ci sembra dunque anticipare correttamente il sigillo finale che viene lasciato allo stesso Maestro cui l’evento è dedicato. Non solo il rapporto fra tratto e lingua caratterizza gli studi su Leonardo, visto ora come inventore ora come artista, ma lo stesso protagonista. Italo Calvino rievoca il mostro marino del Codice Atlantico, laddove Leonardo ha chiaramente bisogno della scrittura per completare l’immagine. “L'occhio e l’intelletto”, citati da Martin Kemp, si completano in una scrittura totale dove l'autore arriva ad influenzare la realtà che rappresenta. Quando Freud analizza la personalità di Leonardo, che fu quantomeno parco di informazioni su di sé, ipotizza tappe di vita che sono sempre segnate da un'opera. Sant'Anna e la Vergine evocherebbe due madri, completate dal famoso ‘Sogno del Nibbio’, che trova rappresentazione nello svolazzante panneggio del mantello di Sant'Anna. I romanzi dei Wittkower, il percorso analitico di Freud, il romanzo di Mereskovski, gli sguardi di Boltraffio, Le vergini delle rocce di D'Annunzio, fino a Dan Brown, quanti si sono piegati sulla persona fisica di Leonardo devono arrendersi. Bazzocchi conclude che Leonardo è un individuo che mette in crisi l'individuo in quanto essere coerente e riconoscibile, perché il suo occhio abbraccia ogni varietà e la sua scrittura afferra gli attimi nel preciso istante in cui si manifestano senza cercare la compiutezza.

La varietà degli argomenti trattati, la diversa provenienza dei relatori non devono essere stato compito semplice per chi ne ha raccolto gli interventi. Il filo conduttore non può che essere quello indicato da Pedretti nel suo indimenticato rapporto con Bologna e l’Emilia-Romagna, dovunque si trovasse: un raffronto continuo fra notizia scientifica e originale, una varietà di punti di vista e la duratura influenza di Leonardo sulla conoscenza, l’arte e il pensare dei luoghi che attraversò, ivi compreso il nostro territorio.

 

Volume

Con Leonardo da Vinci a Bologna. Atti del convegno, Bologna, 15 maggio 2018
A cura di Rosaria Campioni
Bologna, Comune di Bologna, 2019 (Biblioteca de «L'Archiginnasio», serie III, n. 12)

 

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