Rivista "IBC" XXVII, 2019, 4
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / mostre e rassegne, progetti e realizzazioni
Quello dei depositi museali è diventato negli ultimi anni uno degli argomenti di maggior interesse a livello internazionale: importanti dibattiti e ardite sperimentazioni sembrano aprire a nuove e originali proposte di organizzazione, gestione e fruibilità dei beni conservati nei magazzini dei musei.
Stiamo parlando di un
patrimonio sommerso di impressionante consistenza e valore, basti pensare che si stima che i depositi raccolgano oltre l’80% dei beni dei musei e con la preoccupazione di un trend costante di esponenziale crescita delle collezioni. Non sorprende quindi che sia un tema di particolare importanza nel dibattito nazionale, considerato peraltro che
solo il nostro Paese concentra il 70% dei beni artistici esistenti in ogni continente. Inoltre, come può essere trascurata di questi tempi la presenza di un così vasto giacimento di beni non visibili e non accessibili? Un enorme patrimonio nascosto che di fatto impatta – o per meglio dire confligge fortemente – con il concetto di patrimonio culturale oggi riconosciuto nel suo status di bene, il cui intrinseco valore è dato anche dal suo rapporto con il pubblico.
Affrontare le problematiche legate ai depositi dei musei, significa quindi andare oltre i confini di quelle riflessioni che erano solite coinvolgere i criteri di selezione di opere da esporre o da custodire, le modalità di stoccaggio e di rotazione delle opere, i principi della loro idonea manutenzione, o ancora le politiche adottate dai musei per scambi o prestiti dei beni non esposti.
Oggi ad essere al centro del dibattito sono le questioni che riguardano l’opportunità di un incremento delle collezioni tramite donazione; in caso non si riesca a garantirne un’adeguata visibilità e conservazione, le metodologie di riorganizzazione degli ambienti di deposito e la loro gestione, le politiche di acquisizione di spazi idonei alle reali necessità e con gestioni condivise.
Analogamente a quanto accade sul fronte del rispetto dell’ambiente, occorre pensare in prospettiva e trovare con una certa urgenza soluzioni innovative e permanenti per i depositi museali, che si fondano su una visione globale di modificata gestione dei patrimoni non visibili e che siano tradotti in piani attuabili e sostenibili per il territorio.
Del resto, sono state proprio le emergenze da eventi calamitosi, come il terremoto in Emilia nel 2012 e quello nelle Marche del 2016, ad aver evidenziato la necessità di poter disporre di ampi spazi per farne depositi straordinari temporanei per il salvataggio delle opere del territorio colpito. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBACT) si è occupato, in collaborazione con le Istituzioni regionali, di identificare luoghi idonei in relazione alle esigenze di sicurezza e di conservazione delle opere e da qui sono nate le esperienze dei depositi presso il Palazzo Ducale di Sassuolo e presso la Mole di Ancona. Si è trattato di esperienze di depositi collettivi in grado di coniugare le prioritarie esigenze di messa in sicurezza delle opere, con la possibilità di renderle accessibili al pubblico con cantieri aperti nelle fasi di restauro e con visite guidate ai beni danneggiati in attesa di cure. Collocate in strutture essenziali e senza tante preoccupazioni di titolarità, si rendevano visibili le opere d’arte in una condizione insolita: sculture rotte e impolverate, dipinti strappati, cornici a pezzi, a segnalare quella modificata relazione in atto fra collettività e patrimonio che porta con sè differenti sensibilità di appartenenza e di responsabilità.
In questa direzione di ricerca di soluzioni di visibilità delle collezioni, alcuni grandi musei sperimentano situazioni di
open storage, come teche di vetro e scaffali scorrevoli per mostrare le opere. Altri dedicano alcune sale del museo ad esposizioni a rotazione continua, per far conoscere le opere che vivono nei magazzini, come la mostra
In and out of storage al museo Mauritshuis dell’Aja. E perché non citare la recente mostra riminese
Oltre gli Sguardi: Istantanee etnografiche dal Museo degli Sguardi: un’esperienza che con coraggio ha voluto proporre centinaia di preziosi manufatti nella stessa posizione in cui vivono e si sovrappongono negli scaffali dei depositi. Una sorta di “realtà aumentata” con cui il curatore Massimo Pulini ha voluto mettere a fuoco, e neanche troppo simbolicamente, l’urgenza di ripensare ad una adeguata e rispettosa collocazione delle raccolte prodotte da popoli lontani oggi scomparsi e che sono state lasciate in consegna a Rimini da importanti collezionisti.
Un patrimonio culturale inestimabile, pertanto, quello confinato nei depositi, che richiede un impegno altrettanto importante e cruciale, a cominciare dalla nuova normativa sulla quale il MiBACT sta lavorando. Una prima regolamentazione dei depositi è comunque già prevista dal DM 113 del 2018 attraverso l’adeguamento dei musei ai Livelli Uniformi di Qualità che prescrivono standard di ordinamento e di conservazione dei beni anche non esposti secondo criteri di funzionalità e di sicurezza, oltre a prevedere obiettivi di miglioramento relativi alla consultabilità e fruibilità del patrimonio non esposto su richiesta o in occasione di eventi particolari.
Al contempo, anche
ICOM Italia ne ha fatto tema centrale di indagine e di ricerca con un’importante giornata di studi, lo scorso marzo 2019 a Matera, dedicata alla riflessione sul ruolo dei depositi nella museologia contemporanea con esperienze italiane e internazionali di conservazione e di valorizzazione. Sulla base di quanto emerso dal confronto, il Comitato italiano di ICOM ha predisposto una proposta di Raccomandazione che sta circolando fra i Comitati Nazionali e Internazionali di ICOM, che punta sui depositi come luoghi di nuove potenzialità e di nuove risorse per le Istituzioni.
E di certo non manca l’impegno dell’Istituto Beni Culturali. Pensando ai musei dell’Emilia-Romagna e alla reale necessità di rivedere la gestione e l’organizzazione dei depositi anche in previsione dei Livelli Uniformi di Qualità previsti dal Sistema Museale Regionale, l’IBC ha proposto iniziative concrete che rispondono alle reali esigenze dei musei e che rappresentano strategie sostenibili per il territorio. Recentemente presentate al Convegno
I Depositi Museali: dalla organizzazione alla condivisione del Patrimonio, si tratta sostanzialmente di un percorso formativo e di uno studio di fattibilità per aprire a nuove soluzioni luoghi di raccolta e ordinamento dei beni.
Nella primavera 2020 è infatti prevista la realizzazione di un corso formativo sul sistema RE-ORG, metodo di reale riorganizzazione dei depositi sviluppato da
International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property (ICCROM). Riservata a 15 partecipanti fra direttori e operatori dei musei della regione – che potranno fare domande tramite la Call che sarà pubblicata sul sito IBC – è una importante opportunità formativa totalmente finanziata da IBC e proposta in collaborazione con Gael de Guichen e altri gli esperti di ICCROM.
Sviluppato in tre giornate residenziali, con una giornata preliminare informativa, il percorso formativo RE-ORG prende in esame una molteplicità di aspetti interconnessi: inventariazione, movimentazione, sicurezza, conservazione preventiva, manutenzione, accessibilità, etc. L’obiettivo di questa metodologia, già sperimentata in numerose realtà museali internazionali e per la prima volta proposta in Italia, è quello di proporre una formazione teorica e pratica per guidare i partecipanti verso la concreta sperimentazione di sistemi e criteri di riorganizzazione degli spazi e delle collezioni per favorirne la migliore gestione e fruizione. Il corso verrà ospitato presso un museo regionale che, mettendo a disposizione i propri depositi, materiali e staff per seguire le pratiche di RE-ORG, diventerà di fatto il principale partecipante. È evidente che si tratta di un metodo di riorganizzazione dei depositi come “luoghi tradizionali” di conservazione degli oggetti non esposti e di pertinenza di una singola istituzione.
Infine, e in parallelo, IBC sta sostenendo anche lo sviluppo di soluzioni innovative di organizzazione e fruizione dei depositi, stimolando gestioni di “luoghi collettivi”: si tratta dello studio di fattibilità di nuovi spazi, come depositi condivisi, laddove istituzioni diverse possono riunire le proprie collezioni rendendole accessibili al pubblico.
Allo studio di esperti di
museum management e in particolare di Guido Guerzoni della B2G Strategy, la ricerca prende in esame tre precisi contesti regionali: le realtà museali che risiedono in quel territorio, le relative dimensioni patrimoniali e le situazioni di carenza di spazi idonei per formulare proposte specifiche di depositi condivisi fra differenti musei in una prospettiva sostenibile.
Nuove visioni per un modello condiviso di riorganizzazione di spazi e materiali, nuovi percorsi formativi per promuovere la sperimentazione di metodologie di riordino e fruibilità delle collezioni: la sfida a favore dei patrimoni conservati nei depositi è avviata e continuerà ad impegnare l’Istituto Beni Culturali su possibili orientamenti e linee di azione.
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