Rivista "IBC" XXVII, 2019, 4

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / storie e personaggi

La difficile valorizzazione di Torrechiara e Roccabianca.
Tante storie da raccontare

Irene Santoro
[Dottoressa magistrale in Storia dell'Arte, Alma Mater Studiorum Università di Bologna]

I castelli di Torrechiara e Roccabianca sono due beni culturali della provincia di Parma che possono essere considerati come luoghi della memoria del territorio Parmense e contenitori di valori storico−artistici e non solo ( 1). I percorsi che li hanno portati ad essere tutelati e valorizzati, in quanto parte del patrimonio culturale, sono stati però difficili e si sono realizzati in tempi diversi: Torrechiara, infatti, intraprende la strada della patrimonializzazione all’inizio del XX, mentre Roccabianca quasi un secolo dopo. Il confronto tra i due percorsi permette di riflettere sulla capacità di tutela e valorizzazione di un soggetto pubblico e uno privato nel caso specifico di un luogo della cultura di piccole dimensioni e in posizione decentrata rispetto ai flussi turistici più famosi.

La prima valorizzazione di Torrechiara

Il primo ad interessarsi al Castello di Torrechiara è lo studioso Corrado Ricci che si adopera per farlo conoscere sia con la pubblicazione di articoli sia con eventi e iniziative, inoltre si spende personalmente affinché lo Stato ponga in atto tutti quegli interventi necessari per salvarlo dal degrado. Un momento di svolta per Torrechiara è, senza dubbio, il 1911, anno in cui, in occasione del cinquantesimo Anniversario dell’Unità d’Italia e per celebrare l’arte italiana, viene organizzata a Roma l’esposizione etnografica delle regioni. Il padiglione dell’Emilia−Romagna, intitolato Este Bentivoglio Malatesta, è incentrato sul periodo medievale, riconosciuto connotante per l’intera regione. La Provincia di Parma sceglie allora di allestire nella propria sala, una ricostruzione della Camera d’oro del castello di Torrechiara, avvalendosi di artisti e maestranze specializzate ( 2). Viene messa in scena la celebrazione di un monumento regionale che però nella realtà verte in stato di abbandono. Questa esposizione funge da catalizzatore d’interesse per il castello e innesca le procedure d’acquisto da parte del Ministero. Nel 1915 il Castello di Torrechiara, seppure spoglio e in avanzato stato di degrado, entra a far parte del patrimonio statale.
Attraverso la consultazione della documentazione conservata presso l’archivio della Soprintendenza di Parma ( 3) è possibile ricostruire, almeno in parte, le sorti del castello nel corso del secolo. Per i primi cinquant’anni, sulla base della disponibilità di risorse economiche e con andamento altalenante, si sono susseguiti principalmente interventi di messa in sicurezza e di restauro della struttura. Nel 1936 si incontra un primo riferimento alla regolamentazione dell’ingresso al castello: viene istituito un biglietto d’entrata e, forse per scoraggiare l’uso del sito come parco piuttosto che come luogo culturale, vengono proibite gite e scampagnate non autorizzate. Intanto, era in corso un dibattito acceso riguardante gli arredi di Torrechiara, perduti nel mercato antiquario. Molti studiosi, tra cui Corrado Ricci, ne invocavano l’acquisto o la restituzione per collocarli nel contesto originale. Così non fu e gli unici due pezzi che, ad oggi, si trovano musealizzati sono il Polittico dell’Oratorio di San Nicodeme attribuito a Benedetto Bembo e la tribunetta di Pier Maria e Bianca, conservati presso i musei civici del Castello Sforzesco di Milano. Risale invece agli anni Sessanta la prima attività di restauro degli affreschi, mentre negli anni Settanta e Ottanta si incontrano le prime attività di valorizzazione che rappresentano un chiaro segno di un cambiamento di prospettiva per i beni culturali, si dà avvio ad un processo di riflessione sulla comunicazione dei beni, sul visitatore e sulle sue necessità. Vengono, allora, prodotte le prime didascalie degli affreschi del castello, la riproduzione fotografica del Polittico del Bembo posta nell’oratorio ristrutturato e viene allestita una sala didattica con materiale fotografico e informativo sul castello e la sua storia. Gli anni Novanta sono invece caratterizzati dalle prime collaborazioni tra enti per la valorizzazione del castello anche se non mancano le polemiche a mezzo stampa riguardanti, in particolare, gli orari ridotti di apertura al pubblico della struttura, l’assenza di iniziative e la conseguente scarsa valorizzazione. L’assenza di custodi, per la penuria di personale del Ministero, obbligava infatti a tenere chiuso il castello alcuni giorni della settimana. Per affrontare tale situazione viene promossa una convenzione con il Comune di Langhirano. Tale convenzione, voluta dall’assessora di Langhirano Alessandra Mordacci, ha visto la luce nel 1998 e ha assicurato per vari anni personale e attività di valorizzazione organizzate dal comune. L’interesse crescente per il luogo e la volontà della popolazione di renderlo godibile danno vita anche ad altre iniziative; tra queste vanno sicuramente citati gli itinerari teatrali denominati Questa sera si recita al Castello e, dal 2005, il festival di musica classica Renata Tebaldi.
Se è possibile affermare che la collaborazione tra enti ha rappresentato un segnale significativo, in quanto sintomo di un nuovo approccio alla gestione del patrimonio verso una logica partecipata, va anche detto che un tale cambiamento fu messo in atto più per necessità di sopperire alle mancanze e grazie alla buona volontà di soggetti appassionati.

Primi momenti di patrimonializzazione a Roccabianca

Il castello di Roccabianca, per tutto il Novecento, rimane proprietà privata ed è usato come luogo di abitazione, affittato in piccoli lotti ai contadini. Sul finire del secolo precedente, gli affreschi della camera di Griselda erano stati staccati e venduti nel mercato antiquario; i vari passaggi di proprietà sono di difficile ricostruzione. Certo è che gli affreschi riappaiono nel 1945 quando vengono acquistati dai musei civici del Castello Sforzesco di Milano e musealizzati insieme agli arredi di Torrechiara. Gli affreschi si trovano oggi esposti al Castello Sforzesco in un allestimento degli anni Cinquanta realizzato dalla BBPR. Parallelamente mentre gli affreschi trovano così una collocazione museale, il castello resta luogo di abitazione, subendo l’azione di degrado. Roccabianca viene acquistato nel 1969 da Mario Scaltriti, imprenditore locale proprietario della distilleria Faled. Ed è proprio lui che, sul finire degli anni Novanta, decide di avviare la prima campagna di restauri del castello, su consiglio della Dottoressa Mordacci che, appassionata dei luoghi rossiani, ne vede il potenziale e fa di tutto per trasformarlo in un luogo culturale. Nel 1997 Scaltriti fa inoltre realizzare una copia degli affreschi della camera di Griselda su tela dal pittore Gabriele Calzetti per porli a ricordo degli originali.
Nel Novecento, quindi, hanno inizio i due percorsi di patrimonializzazione dei castelli, con molte differenze; se Torrechiara può contare sull’interesse e l’impegno di enti pubblici e figure di spicco che lo pongono nell’universo della tutela e cercano di assicurarne la valorizzazione, Roccabianca è affidato solo all’interesse e alla volontà del privato.

La seconda valorizzazione

I primi anni duemila si aprono con l’unico tentativo di valorizzare i castelli del Parmense in una logica di rete. Un tentativo virtuoso che vale la pena approfondire. Nel 2003 in occasione del centenario del Parmigianino, la provincia di Parma, in concomitanza con la principale celebrazione che si svolge a Parma, decide di organizzare una serie di eventi collaterali diffusi sul territorio provinciale per intercettare il flusso turistico della città che viene condotto a visitare anche la provincia ( 4). Nasce così l’itinerario Le arti e le corti che, per inquadrare l’opera di Parmigianino in un contesto storico ampio e fornire al visitatore un’idea della vivace costellazione culturale cortese, è stato articolato in 12 castelli dove venivano sviluppati 12 diversi temi, ognuno dei quali connesso a figure di spicco locali vissute tra 1463 e 1612. L’iniziativa ha interessato anche i castelli di Torrechiara e Roccabianca raccontando di Pier Maria Rossi e della sua opera costruttiva e di Bianca Pellegrini legata al tema dell’astrologia ( 5). Questa iniziativa coincise con la prima apertura ufficiale al pubblico del castello di Roccabianca. Le arti e le corti resta l’unico momento di valorizzazione a mettere in relazione i castelli per il loro senso storico e territoriale.
L’unica iniziativa tuttora attiva che unisce Torrechiara e Roccabianca in una narrazione è la visita guidata Due cuori e un castello ideata dalla Dottoressa Mordacci nel 1998 in occasione di San Valentino, riproposta ogni anno con qualche novità e che pone in relazione di senso i castelli con l’ escamotage della storia d’amore ( 6). Nel 2004, per la prima volta, viene riesposta la ricostruzione della Camera d’Oro realizzata in occasione della mostra etnografica delle regioni del 1911. La Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio dell’Emilia, la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico di Parma e Piacenza e la Provincia di Parma curarono il progetto. La copia della Camera d’Oro viene collocata nella Torre del Leone in un riallestimento filologico con arredi, fotografie storiche e serigrafie e accompagnata da un libricino esplicativo che racconta la storia della seconda Camera d’Oro e fornisce coordinate culturali per comprendere il rapporto tra Medioevo, Medievalismo e Novecento ( 7). A quasi cento anni dalla realizzazione, la ricostruzione della Camera d’Oro viene così valorizzata, essendo anch’essa ormai un bene da tutelare come testimonianza della cultura del Novecento. L’allestimento è stato smontato a seguito del forte terremoto del 2008 e conservato nei depositi.
Per ora il Polo Museale dell’Emilia−Romagna non ha in programma di riesporlo ( 8); un peccato considerando l’interesse storico che esso rappresenta sia dal punto di vista delle tecniche di realizzazione sia come esempio della valorizzazione (quasi ante−litteram) del secolo passato e dell’interessante rapporto tra Novecento e riscoperta del Medioevo.
Le collaborazioni con la Provincia di Parma e il Comune di Langhirano si sono rivelate in più momenti fruttuose per Torrechiara. Tra gli anni Novanta e i primi duemila, infatti, accanto alle attività di valorizzazione si possono anche ricordare l’impegno nell’implementare le infrastrutture come la strada d’accesso al castello, il parcheggio, il sistema di illuminazione scenografica esterno, la riqualificazione delle mura e dell’antico sentiero attraverso il bosco. Interventi che rendono più agevole e pratica la visita e che quindi contribuiscono a migliorarla.

Gestione e valorizzazione recenti

Roccabianca è gestito direttamente dalla famiglia Scaltriti; il cavaliere Mario Scaltriti, morto nel 2015, ha lasciato la gestione a figli e nipoti. Non si avvalgono di figure professionali per la gestione e la valorizzazione, e l’assenza di programmazione e archivi rende difficile tracciare una valutazione ( 9). Al momento non sono attive convenzioni e collaborazioni con enti pubblici o privati. Le attività di valorizzazione svolte negli ultimi anni sono state messe in atto per iniziativa personale dei membri della famiglia ( 10), inoltre, ogni anno, il castello aderisce o organizza degli eventi di carattere enogastronomico ( 11). Dall’apertura del 2003 sono stati completati i restauri e il castello è oggi in buono stato di conservazione, le stanze sono state allestite per lo più con arredi in stile non autentici. Sono esposte le botti in rovere per l’invecchiamento dei liquori della ditta Faled, ed è stato allestito un piccolo museo della distilleria con relativo negozio di souvenirs. Il castello è visitabile il sabato e la domenica tramite visita guidata condotta da personale interno, le sale sono corredate da didascalie redatte dalla dottoressa Mordacci in occasione dell’apertura, che inquadrano il contesto storico e artistico del castello. La comunicazione è veicolata principalmente attraverso il sito e i social network (Facebook, Instagram), che forniscono informazioni logistiche e di cronaca degli avvenimenti o eventi dove non sembra però esserci una pianificazione specifica.
Dal 2015 il castello di Torrechiara è passato sotto la gestione del Polo Museale dell’Emilia−Romagna, è stato diretto fino al 2018 dalla Dottoressa Biasoli, anno del suo pensionamento, dopodiché è passato sotto la direzione del funzionario Architetto Tenti insieme al direttore del Polo Dottor Scalini. Da qualche anno ormai non sono più state attivate convenzioni per la valorizzazione congiunta con altri enti locali. Nel corso del 2017 si sono riaccese le polemiche riguardo i ridotti orari di apertura, sollevate dalla stampa locale e questa volta hanno coinvolto direttamente la popolazione locale grazie alla possibilità di partecipare al dibattito sui social network ( 12). Gli orari ridotti, e soprattutto la chiusura domenicale, sono stati giustificati dal Polo con la carenza di personale e per un certo periodo sono stati risolti con l’impiego di personale volontario Auser. Per quanto riguarda gli eventi di valorizzazione, se si consulta il database del Mibact si nota un decremento di anno in anno; il Polo museale ad oggi offre come attività di valorizzazione continua solo l’apertura al pubblico. Gli eventi quando presenti seguono le iniziative lanciate dal ministero (Giornata della Famiglia, Giornate del Patrimonio e così via), altri non sembrano essere frutto di una pianificazione strategica. Altri momenti di valorizzazione sono stati offerti negli anni da attori del territorio, come l’associazione Melusine, l’organizzazione Assapor@pennino che propone oggi visite guidate a pagamento al castello con personale in costume storico. Due recenti attività realizzate dal Polo, sono l’allestimento di una vetrina di armi e armature cinquecentesche di pertinenza Farnese e una piramide olografica che riproduce il castello di Torrechiara. Il percorso di visita nel castello è libero e non segnalato, le sale sono dotate di didascalie che risultano però legate ad uno stile museografico desueto sia dal punto di vista grafico che del linguaggio, poco attente ai principi di leggibilità e a fornire un contesto storico e dei punti di riferimento culturali; il tutto rischia di creare delle barriere cognitive ai visitatori ( 13). La comunicazione è gestita dall’ufficio U.R.P e si avvale anche di Facebook e Twitter, principalmente per fornire informazioni logistiche. Come per Roccabianca, l’uso di tali strumenti solo per delle comunicazioni unidirezionali è un peccato se si considerano le potenzialità di valorizzazione partecipata che essi possono offrire ( 14).
Torrechiara e Roccabianca fanno parte di un circuito di castelli: l’Associazione dei Castelli del Ducato di Parma e Piacenza e Pontremoli, nata nel 1999 come ente senza scopo di lucro riconosciuto dalla Regione Emilia–Romagna che comprende 32 castelli e rocche della zona. Svolge una funzione di comunicazione turistica, non produce quindi contenuti culturali per i castelli ma offre un canale di comunicazione in una logica territoriale per attirare i flussi turistici.
La valorizzazione messa in atto nei due castelli risulta quindi essere ad un livello minimo, soltanto l’apertura al pubblico è offerta con costanza. Eventi e altre iniziative di valorizzazione proseguono in maniera incostante e spesso non seguono una pianificazione strategica. Le poche attenzioni rivolte a fruibilità e accessibilità e la scarsa sinergia con il territorio fanno sì che Torrechiara e Roccabianca risultino depotenziati rispetto alle loro possibilità. Il castello come testimonianza di sé, come monumento, senza un’azione di comunicazione e mediazione dei contenuti non soddisfa le necessità dei fruitori di sentirsi accolti nei luoghi della memoria per scoprirne le appassionanti storie.

Nuove prospettive

In conclusione, si ritiene che i castelli di Torrechiara e Roccabianca possano beneficiare di un ripensamento della gestione e della valorizzazione.
Per quanto riguarda la gestione, un approprio di rete potrebbe essere quello più efficace.
In primo luogo, i castelli e il territorio sono strettamente connessi, essi si danno senso vicendevolmente. Una logica di rete permetterebbe alle istituzioni culturali e ai musei di piccole dimensioni di mettere a sistema le proprie forze e guadagnare in termini di efficienza ed efficacia, riuscendo a raccontare il territorio, non solo il singolo luogo. Può essere poi immaginata una rete più ampia che comprenda più attori del territorio da vari settori, in collaborazione per fornire al visitatore un’esperienza completa e nuova. Il turista postmoderno sempre più spesso desidera uscire dal percorso classico e scoprire luoghi defilati e inaspettati, sperimentare e godere dell’atmosfera. Una potenzialità da non sottovalutare per le aree provinciali. In una logica di questo genere l’istituzione culturale si pone al centro di un processo di rivitalizzazione del territorio, come custode della memoria e catalizzatore di nuove energie creative.
Dal punto di vista della valorizzazione invece, si possono ripensare interamente i paradigmi comunicativi. I castelli in esame, per loro propria caratteristica, si discostano dall’esperienza di una classica visita museale, in quanto privi di collezione, sono essi stessi e la loro storia il fulcro dell’esperienza. Questo apre a nuove possibilità comunicative. Un approccio che può essere adatto è la narrazione o storytelling, poiché quello che si va a scoprire in questi luoghi non sono oggetti ma storie. Lo storytelling è caratterizzato dalla pervasività, dalla forza comunicativa e dalla potenziale immedesimazione e partecipazione del fruitore. Le storie da raccontare per Torrechiara e Roccabianca sono tantissime, a partire dalla loro fondazione fino ad arrivare ai vissuti personali della comunità locale. Tanti sono gli strumenti che permettono di mettere in atto uno storytelling museale, da quelli in presenza durante la visita, a quelli virtuali che permettono di restare connessi con l’istituzione culturale anche in seguito e collaborare alla creazione di cultura. Unire una logica gestionale di rete e la costruzione di una narrazione dei castelli come viaggio nel Parmense potrebbero dare nuovo slancio culturale al territorio e liberare il potenziale sopito di questi luoghi affascinanti.

 

NOTE

1 Si veda Santoro I., I castelli di Torrechiara e Roccabianca tra fiaba e storia in “IBC” XXVII, 2019, 3.

2 Si veda Romagnoli D., “Romanticismo, medievalismo e castelli rossiani”, in M. G. Muzzarelli (a cura di), Miti e segni del Medioevo nella città e nel territorio. Dal mito bolognese di re Enzo ai castelli neo−medievali in Emilia–Romagna, Bologna CLUEB, 2003, pp. 172 −213.

3 Informazioni tratte dal fascicolo “PR81 Torrechiara” dell’Archivio della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza.

4 L’iniziativa fu resa possibile da un clima politico favorevole e dalla stretta collaborazione tra enti locali, come ricorda la Dottoressa Carla Ghirardi, ex Dirigente del Servizio Cultura per la Provincia di Parma, intervistata per questo lavoro.

5 L’iniziativa comprendeva un allestimento del corredo informativo con strutture effimere, poi smantellate e degli eventi specifici per ogni sito; per Torrechiara si associò il restauro dell’oratorio di San Nicodeme.

6 Questa iniziativa è stata organizzata di anno in anno a volte con il sostegno degli enti pubblici interessati oppure solamente dall’associazione culturale Melusine. L’interesse e i finanziamenti sono sempre risultati ondivaghi, come ricorda la Dottoressa Alessandra Mordacci, intervistata per questo lavoro.

7 Si veda Mordacci A. (a cura di) La camera d’oro di Torrechiara 1464 −1911, Parma, STEP, 2004.

8 Informazioni fornite dal Polo Museale dell’Emilia−Romagna tramite documento protocollato n. 119 del 10 gennaio 2019 in risposta all’istanza e−mail inviata.

9 Tramite corrispondenza e interviste con i proprietari di Roccabianca si sono ottenute queste informazioni. I proprietari non hanno acconsentito a fornire l’accesso agli atti conservati presso la Soprintendenza e a fornire documenti riguardo la gestione.

10 Si possono ricostruire alcune delle iniziative a carattere artistico scorrendo i canali social del castello di Roccabianca. Si ricorda per esempio nel 2014 la mostra Ghizzardi con l’H nel 2016 l’esposizione del tavolo di design Ghirt di Christopher Stead.

11 Annualmente il castello di Roccabianca organizza la manifestazione Culatello and jazz.

12 Su Facebook, è possibile, per esempio, incontrare gruppi come “Torrechiara resti aperta” in cui la popolazione locale discute della situazione.

13 In merito, il Ministero ha prodotto delle indicazioni molto chiare che servono a favorire leggibilità e comprensione, si veda Da Milano C. e Sciacchitano E., Linee guida per la comunicazione nei musei: segnaletica interna, didascalie e pannelli. Quaderni della Valorizzazione n.s. 1, Roma, Direzione Generale Musei, 2015.

14 I canali social potrebbero essere utili per creare una comunità di appassionati e per diffondere informazioni sui castelli, sulla storia e sul territorio. Ad oggi infatti la maggior parte delle informazioni reperibili sul web non sono offerte da chi gestisce i luoghi ma sono “delegate” a soggetti terzi come Wikipedia, TripAdvisor, i Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli e altri.

 

Riferimenti bibliografici:

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S. Bodo, S. Mascheroni e M. Panigada  (a cura di), Un patrimonio di storie. La narrazione nei musei, una risorsa per la cittadinanza culturale, Milano, Mimesis, 2016.

 S. Calabrese e G. Ragone (a cura di), Transluoghi storytelling. beni culturali, turismo esperienziale, Napoli, Liguori Editore, 2016.

M. Cerquetti, La componente culturale del prodotto turistico integrato: la creazione di valore per il territorio attraverso i musei locali, in Sinergie Italian Journal of Managment n. 73 −74, 2007, pp. 421 – 438.

C. Da Milano e  E. Sciacchitano, Linee guida per la comunicazione nei musei: segnaletica interna, didascalie e pannelli, Quaderni della Valorizzazione n.s. 1, Roma, Direzione Generale Musei, 2015.

C. Gelosi, Territori, patrimonio culturale, fruizione. Nuove reti per nuove relazioni, Milano, Franco Angeli, 2013.

R. Greci, di M. Giovanni Madruzza, G. Mulazzani, Corti del Rinascimento nella provincia di Parma, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi arti grafiche, 1996.

A. Mordacci (a cura di), La Camera d’Oro di Torrechiara 1464 −1911, Parma, STEP, 2004.

T. Pencarelli e S. Splendiani, Le reti museali come sistemi capaci di generare valore: verso un approccio manageriale e di marketing, in il Capitale Culturale Journal of the Department of Cultural Heritage, University of Macerata Vol. 2, 2011 pp 227 −252.

D. Romagnoli, “Romanticismo, medievalismo e castelli rossiani”, in M. G. Muzzarelli (a cura di), Miti e segni del Medioevo nella città e nel territorio. Dal mito bolognese di re Enzo ai castelli neo−medievali in Emilia – Romagna, Bologna CLUEB, 2003, pp. 172 −213.

I. Santoro, I castelli di Torrechiara e Roccabianca tra fiaba e storia in “IBC” XXVII, 2019, 3.

L. Solima, Il museo in ascolto. Nuove strategie di comunicazione per i musei statali, Quaderni di valorizzazione – 1, Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale, Roma, Rubettino, 2012.

 

Documenti d’archivio

Fascicolo 241, sotto-fascicolo 11, in Fondo Corrado Ricci, Biblioteca Classense, Ravenna

Fascicolo 238, sottosezione 7, in Fondo Corrado Ricci, Biblioteca Classense, Ravenna

Fascicolo 211, “Torchiara”, in Fondo Corrado Ricci, Biblioteca Classense, Ravenna

Fascicolo 211, in Fondo Corrado Ricci, Biblioteca Classense, Ravenna

Fascicolo “PR81 Torrechiara” dell’Archivio della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza

 

Sitografia

http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/index.html#&panel1-1

https://www.polomusealeemiliaromagna.beniculturali.it/

http://www.sbapbo.beniculturali.it/

https://www.castellidelducato.it/

http://www.assaporaparma.it/it/

http://www.faled.it/

http://www.castellodiroccabianca.com/

http://www.statistica.beniculturali.it/

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