Rivista "IBC" XIV, 2006, 2

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / itinerari, progetti e realizzazioni

Nell'antica Pellacaneria della Grada si lavora al progetto del nuovo centro di documentazione delle acque a Bologna.
La ruota gira ancora

Massimo Tozzi Fontana
[IBC]
Stefano Pezzoli
[IBC]

Negli ultimi anni il sistema idraulico di Bologna è stato al centro di un notevole risveglio di interesse che ha favorito iniziative di recupero e didattiche. Le visite guidate ai luoghi chiave di interesse idraulico distribuiti nel territorio urbano che diversi enti hanno organizzato (Comune, Soprintendenza ai beni architettonici e ambientali, Fondazione del Monte, ecc.); l'apertura degli affacci, veri e propri ponti, sul canale delle Moline in via Malcontenti e in via Piella; l'apertura del tratto di canale dietro la Grada, prospiciente l'opificio destinato a ospitare il museo, la progettata scopertura anche di un tratto a valle dell'edificio stesso; e, ancora, la candidatura del sistema idraulico artificiale di Bologna a entrare nel novero dei "monumenti nazionali".

L'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC) ha dato il suo contributo maturando nel tempo una notevole esperienza di studio e approfondimento storico, e accompagnando le diverse iniziative con altrettanti momenti di divulgazione: i tre dépliant distribuiti in grande numero con "la Repubblica" nel 2000, le iniziative per "Bologna 2000 capitale culturale europea" (mostra, filmati e catalogo) raccolte sotto il titolo "Bologna e l'invenzione delle acque" nel 2001, il coordinamento dei lavori di un comitato scientifico per il costituendo centro di documentazione delle acque bolognesi presso l'antica Pellacaneria della Grada, dal 2003 a oggi. Al gruppo di lavoro hanno partecipato attivamente Carlo De Angelis, Alberto Guenzi, Franco Farinelli e Fabio Foresti, i cui contributi concorrono anche alla stesura di questo articolo.

Proprio quest'ultimo lavoro ci ha fornito l'occasione per progettare una nuova istituzione museale corrispondente al forte interesse, sempre più diffuso e non solo qui, di conoscere nei suoi affascinanti dettagli le vicende plurisecolari di cui la città è stata protagonista, con la realizzazione di un sistema di utilizzazione, di controllo e di distribuzione delle risorse idriche rispondente a un modello assolutamente originale in Europa. Tali vicende, studiate in modo approfondito in particolare da Alberto Guenzi, hanno già una loro visibilità nel Museo del patrimonio industriale di Bologna, le cui attività sono di grande spessore scientifico e culturale. In questo museo il tema dell'acqua è prevalentemente trattato negli aspetti storici, economici e industriali che hanno caratterizzato l'esperienza bolognese in età moderna. Nel museo sono esposti i plastici dei filatoi Rizzardi e della pila da miglio realizzati dall'IBC in occasione della mostra "Bologna e l'invenzione delle acque", in seguito donati al museo.

Anche il Museo della civiltà contadina di San Marino di Bentivoglio annovera tra i temi trattati la macroidraulica territoriale e la microidraulica poderale. I "fossi" e le "cavedagne" che per secoli hanno garantito l'efficacia degli scoli e del sistema di irrigazione dei campi coltivati, oltre a figurare nel titolo di un'importante opera di Carlo Poni, trovano spazio nel percorso espositivo del museo tramite pannelli, didascalie e alcuni plastici, tra i quali vanno ricordati quelli storici ereditati dalla "Cattedra ambulante di agricoltura" di Bologna e, anche qui, con un plastico realizzato dall'IBC ed esposto per la prima volta nell'occasione della mostra citata: quello che illustra l'assetto idraulico di un podere. Questo museo, inoltre, ha recentemente avviato un vasto programma di ricerche sul tema "Mulini, canali e comunità della pianura bolognese tra Medioevo e Ottocento".

Il nostro progetto intende fondersi, in un virtuoso "gioco di squadra", con le attività già proposte dalle istituzioni citate, così come con quelle del costituendo "Museo della città" in Palazzo Pepoli e con altre previste iniziative espositive dedicate all'acqua nel territorio bolognese. Si pensa, in particolare, al futuro Centro di documentazione del Canale Navile presso il Battiferro. In questa sede, ubicata in posizione strategica lungo il corso del Navile, il visitatore potrà trovare documenti materiali e informazioni su temi quali: la navigazione e le imbarcazioni che percorrevano il canale, la manutenzione del letto, delle sponde e degli argini, i siti di rilievo sparsi lungo il suo corso (se ne segnalano 21).

Anche in considerazione della consolidata esperienza dell'IBC in campo museale, è quasi superfluo ribadire che la nuova istituzione sarà un luogo aperto ai cambiamenti, all'aggiornamento, alla riflessione e all'approfondimento, che dovrà disporre di spazi liberi per le iniziative temporanee e che utilizzerà le più recenti tecnologie per illustrare i diversi temi e i diversi punti di vista in gioco, garantendo tanti livelli di lettura quante saranno le tipologie di pubblico.

In altri termini si fonderà su una concezione museologica agile, in grado di proporre con una certa frequenza appuntamenti espositivi su nuovi argomenti e suggestioni, un programma di conferenze, dibattiti e visite guidate ai luoghi dell'acqua di Bologna, un servizio permanente di documentazione bibliografica e archivistica. Tra i servizi più qualificati da offrire al pubblico: una biblioteca specializzata e il ricco archivio che racchiude documenti e testimonianze già a partire dal XVI secolo, catalogato negli anni passati dall'IBC e di recente rivisitato criticamente. Il patrimonio di informazioni in esso contenuto travalica gli aspetti tecnici: comprende infatti notizie relative all'urbanistica, alla società e alle vicende politiche, alle corporazioni delle arti e dei mestieri, alle grandi famiglie, ecc.

 

L'introduzione al tema delle acque

Nel percorso espositivo, all'interno dell'edificio di via della Grada 12, si ritiene necessaria un'introduzione sul ruolo dell'acqua e sui luoghi chiave in città, per comprendere le dinamiche storiche della vicenda idrica, fornendo risposte alle più elementari domande che possono essere poste dalle scolaresche sull'approvvigionamento e il consumo di acqua per usi igienici-alimentari, produttivi, e sui sistemi fognari, nelle diverse epoche della città. Le conoscenze di base dovranno poi essere affiancate da un più ricco e dettagliato apparato di informazioni, in modo da garantire quella pluralità di livelli di lettura che si addicono a una moderna istituzione museale.

 

La conceria

Il comitato scientifico è stato poi d'accordo sulla necessità di presentare al pubblico le vicende storiche dell'edificio di via della Grada attraverso la ricostruzione - in parte virtuale, in parte fisica, in parte attraverso plastici - di impianti e macchinari un tempo in uso nell'edificio stesso, una conceria di pelli, l'unico opificio idraulico adeguatamente conservato presente nel territorio della città che vantava la più alta concentrazione di ruote idrauliche in epoca moderna. La rilevanza dell'attività conciaria in ambito urbano era inferiore per importanza soltanto al setificio e la pelacaneria della Grada rappresentava la principale azienda per dimensioni produttive e per numero di addetti. Qui si svolgeva un ciclo produttivo multifase che perfezionava la produzione di corame utilizzato per diversi prodotti (scarpe in primo luogo, ma anche selle, materiale da arredamento e da legatoria). Le attività industriali che si sono avvicendate nell'edificio ne hanno segnato in profondità la struttura.

Sulla scorta delle notevoli conoscenze già acquisite e sulla base di un ulteriore lavoro di ricerca è possibile procedere alla ricostruzione del processo produttivo nel contesto specifico, con particolare riferimento: alla divisione degli spazi produttivi; alla individuazione delle macchine e delle strutture materiali utilizzate nella produzione (fosse, catini...); alla ricostruzione del sistema di approvvigionamento e distribuzione dell'energia idraulica; al reperimento di informazioni sugli imprenditori e sulla forza lavoro; alla misurazione per tipologia delle produzioni effettuate.

Il tema potrebbe articolarsi in quattro sezioni: l'edificio, il processo produttivo, le tecniche e le macchine, i lavoratori e i prodotti. Nell'esposizione potranno figurare manufatti storici in pelle prodotti dall'industria bolognese (calzature, selle, volumi rilegati). Ma i fulcri espositivi da segnalare sono due: il primo è rappresentato dal plastico in scala 1:33 che rappresenta l'edificio, con ampia visibilità del suo interno, "fotografato" in occasione della perizia eseguita nel 1786 da Giovanni Giacomo Dotti, autore di pregevoli architetture in Bologna insieme col padre Carlo Francesco. In quella data l'opificio dava segni di incipiente degrado, dopo circa un secolo di attività. Nella sua perizia, Dotti annota e descrive minuziosamente le postazioni di lavoro e le attrezzature, in modo da rendere possibile una restituzione assolutamente filologica, attraverso il plastico, dell'intero ciclo di lavorazione, dal conferimento delle pelli grezze da parte dei macellai fino alla confezione del prodotto finito.

L'altro fulcro dell'esposizione permanente è costituito dalla grande ruota motrice di 4,50 metri di diametro, anch'essa ricostruita "copiando" fedelmente l'antica, in scala 1:1. La nuova ruota, infatti, inaugurata il 5 maggio 2006, è identica esteriormente all'originale in legno, mentre risulta invisibile la sua anima in acciaio inox e la sua struttura ruotante su cuscinetti a sfera costantemente lubrificati secondo le più moderne tecniche. Poiché la ruota è a contatto con l'acqua del canale, gli strati di legno che la ricoprono sono trattati in modo da renderli imputrescibili. Il suo funzionamento, oltre a costituire un notevole elemento di spettacolarità, garantirà l'approvvigionamento di energia elettrica per l'intero edificio.

 

I Consorzi

È necessario poi che l'esposizione renda conto della vicenda plurisecolare dei Consorzi dei canali di Reno e di Savena e del loro ruolo, tuttora centrale, nel controllo e nella regimazione dell'afflusso dell'acqua in città. Come ormai viene riconosciuto, il sistema idraulico artificiale di Bologna rappresenta il modello urbano più avanzato di sfruttamento della risorsa idrica a fini produttivi e commerciali. I consorzi degli utenti hanno avviato sul finire del XII secolo questa straordinaria impresa e ne hanno costantemente accompagnato le vicende. La loro sopravvivenza è prova della capacità di continuare nel lungo periodo l'opera di coordinamento di interessi diffusi e talora concorrenti. Queste istituzioni hanno risolto un problema tanto antico quanto attuale: l'accesso ordinato a una risorsa necessaria e scarsa. La lezione proveniente da questa esperienza assume oggi un evidente carattere di attualità.

Per fare comprendere la natura, il funzionamento e le trasformazioni dei consorzi si prevede di costruire una planimetria che documenti le diverse fasi di costruzione del sistema artificiale (chiuse, canali, chiaviche, chiavicotti, derivazioni urbane e rurali, maceri) e il processo di assemblaggio degli stessi. Nella planimetria verrà compreso anche il canale Navile. In tal modo si dovrebbero evidenziare i problemi di governo delle acque, con particolare riferimento agli usi concorrenti. Fu proprio la complessità dei problemi a imporre la creazione di istituzioni deputate a risolverli. Nel loro concreto operare, tali istituzioni diedero origine a un modello fondato sulla capacità di coordinare diverse categorie di interessati.

Un audiovisivo presenterà la reale attività dei consorzi, in due tempi: il primo dedicato al periodo medievale e moderno, il secondo al periodo contemporaneo (dall'Ottocento ai giorni nostri). L'IBC aveva a suo tempo disposto il riordino e la catalogazione della documentazione racchiusa nell'archivio dei consorzi. Di recente, sulla stessa documentazione, ha realizzato un approfondimento conoscitivo di notevole spessore storico, il cui risultato verrà prossimamente pubblicato.

 

Il modello territoriale bolognese

Al centro di documentazione si offre l'occasione per illustrare l'interazione tra i corsi d'acqua captati e introdotti in città a fini essenzialmente produttivi e la città stessa, che, grazie alla realizzazione di questo straordinario sistema "sanguigno", ha assunto nel passato una fisionomia anfibia il cui modello ha costituito un unicum non solo nel panorama padano e italiano, ma anche europeo. A tale originalità il centro di documentazione dovrà imprimere un forte risalto. Il modello territoriale bolognese rappresenta, infatti, una soluzione non semplicemente mediana ma anche sintetica rispetto, da un lato, ai grandi e opposti modelli geneticamente e programmaticamente anfibi, per non dire esclusivamente idraulici, delle città del delta padano (Ferrara e ancor più Venezia), e, dall'altro, rispetto a quello terricolo della Firenze rinascimentale.

Proprio la polarizzazione tra le due soluzioni (la deltaica e la fiorentina), avviata dalla codificazione vasariana cinquecentesca della città territoriale sul modello della capitale toscana, ha fin qui impedito, anche sul piano storiografico, una giusta considerazione della peculiarità di Bologna: una soluzione, la nostra, che non avendo più, da secoli, lettori capaci di intenderla, non può oggi sollecitare cittadini e turisti a cercarne le tracce. Eppure, nel primo moderno atlante d'Italia - quello del Magini, stampato a Bologna nel 1620 - l'intera penisola è rappresentata secondo quella che non è affatto esagerato definire la logica territoriale bolognese, alla fine del Cinquecento ancora fondata sull'esistenza di un sistema di vie d'acqua totalmente autonomo rispetto a quello dei cammini terrestri.

A dispetto dei numerosi contributi e delle indagini settoriali fin qui apparsi, la relazione storica tra il territorio bolognese e l'elemento idrico-fluviale è stata finora prevalentemente analizzata sotto il profilo direttamente e immediatamente produttivistico (l'acqua come fattore energetico o comunque di produzione) oppure commerciale e più in generale veicolare (l'acqua come via di comunicazione). Manca ancora l'analisi del reticolo idrico come fattore portante del complessivo "modo di produzione territoriale" bolognese, al cui interno esso mantiene la sua fondamentale (ma occulta se non occultata) rilevanza anche dopo l'avvento del predominio, tra Sei e Settecento, della comunicazione per via di terra. Ma la forma stessa delle Bologna medievale e moderna dipende dall'esistenza di tale rete, così come la sua vocazione all'informazione specializzata e la definizione del modello culturale che a Bologna viene elaborato. Ed è stato attraverso il controllo di tale reticolo che Bologna ha affermato e mantenuto, dalla sua origine e nei secoli, il controllo sul proprio contado, decidendone al contempo il grado di apertura nei confronti dei territori circostanti.

In altri termini, l'intera storia del territorio bolognese, dall'inizio fino ai giorni nostri, trova nella durata e nell'evoluzione della rete idrico-fluviale la principale ragione della sua stessa durata ed evoluzione, nonché la chiave più sicura per la comprensione della propria natura. Sicché definire la storia di tale reticolo significherebbe riscrivere la storia di Bologna, in maniera originale e finalmente rispettosa della specifica natura del soggetto. L'iconografia storica, le mappe e la cartografia in originale o su supporto audiovisivo, costituiranno il veicolo espositivo di questa storia.

 

I luoghi

Si è detto che il nuovo centro di documentazione dovrà svolgere anche una attività didattica extra muros, proponendo al pubblico esplorazioni e visite guidate e illustrando quelle proposte di valorizzazione che mirano a rimettere in luce luoghi nascosti, a ridare ai canali quella leggibilità che è stata sistematicamente occultata a partire dal secondo dopoguerra. E anche ad attivare funzioni di risparmio energetico e di rispetto ecologico.

L'itinerario parte proprio dall'edificio dell'ex conceria di pelli, dove il Comune di Bologna ha progettato l'apertura del canale di Reno, sotto la facciata rivolta verso via San Felice. Tale scopertura, anche se solo di pochi metri di superficie, avrebbe la funzione, non irrilevante, di evidenziare come la conceria sia stata eretta a ponte sopra il canale, sottolineando nel contempo la continuità col tratto già aperto tre anni fa tra il battifredo della Grada e la via Calari. Un ulteriore intervento di apertura del canale di Reno è stato prospettato a fronte della parte absidale della chiesa della Madonna del Ponte delle Lame: anche qui alcuni metri di selciato verrebbero sostituiti da un affaccio sul corso d'acqua, rivelando come il tempio si situi a ponte, coll'immediata conseguenza di dare concretezza al toponimo, sia dell'edificio che della stessa strada, detta appunto via Riva di Reno.

Procedendo ancora verso est, giunti al termine della strada sotto cui scorre il canale, nel punto d'intersezione con la via Galliera, a fronte del numero civico 25 di quest'ultima, una bucatura del manto stradale, chiusa con un vetro portante, metterebbe in vista il ponte medievale a schiena d'asino che attraversa il canale, un tempo immediatamente esterno alla penultima cerchia muraria urbana e fungente anche da fossato di difesa. Un piccolo intervento che consentirebbe di riscoprire, dopo svariati secoli, il più importante punto di uscita dalla città verso nord.

Dopo questo luogo il canale di Reno prende il nome di canale delle Moline, che attesta l'antica funzione di fornire energia idraulica per muovere le ruote dei mulini da grano un tempo situati lungo la via Capo di Lucca. L'ultima testimonianza di queste ruote idrauliche è un esemplare appartenente a un opificio in attività fino alla metà del secolo scorso, il mulino Pedini; rimossa da molto tempo, la ruota è stata impropriamente collocata presso il Museo della civiltà contadina di San Marino di Bentivoglio. Il manufatto sarà oggetto di un intervento di restauro al termine del quale potrebbe essere valutata una allocazione protetta nell'area di provenienza, per ricordare la specializzazione produttiva di questa zona della città.

Sempre nella stessa area, dove il canale delle Moline sottopassa l'omonima via, una porta e una scala conducono allo spazio, a pelo d'acqua, ove nei primissimi del Novecento era in funzione una turbina per la produzione di energia elettrica, di cui usufruivano gli stabili dell'allora via Repubblicana (oggi Augusto Righi) e di via dell'Indipendenza, sino all'altezza del famoso caffè Genesini (civico 26). Qui sotto restano ancora gli alloggiamenti e forse, interrati, parte dei meccanismi. Il luogo potrebbe essere reso visitabile, e il vano a livello della strada potrebbe offrire l'opportunità di aprire un affaccio sul canale, con una vista di sicuro effetto scenografico sulla "rapida" dell'acqua, favorita dal dislivello del terreno.

Sicuramente degno di menzione, fra i più rilevanti manufatti idraulici storici della città, è il cospicuo residuo di una chiusa su un antico tratto del canale derivato dal Reno, e poi caduto in disuso ancora in età medievale. È stato recentemente scoperto durante i lavori di scavo per la realizzazione del parcheggio sotterraneo nell'area dell'ex Manifattura Tabacchi. L'opera, eretta per rallentare le acque lungo la pendenza e favorire il lavoro degli opifici, rappresenta, come ha osservato Alberto Guenzi, un interessante caso di studio per comprendere la prima formazione del sistema idraulico cittadino. Sarebbe importante trovare una soluzione compatibile con l'inserimento del parcheggio e non disperdere questa evidente traccia della più antica area di sfruttamento idraulico.

Risalendo decisamente a monte, sul corso del canale di Reno, alla Canonica, al confine fra Casalecchio e Bologna, dove il corso d'acqua compie un salto già sfruttato nell'Ottocento da un importante stabilimento tessile, sarà possibile erigere un'imponente ruota idraulica di 13,70 metri di diametro per uno spessore di 2,40 metri: un manufatto tecnologico, ma anche un oggetto spettacolare, lungo il frequentato itinerario ciclabile che fiancheggia il canale. L'opera, che potrà generare 360 chilowatt di energia elettrica, è stata prevista da Hera nel piano quinquennale per la produzione di energia con fonte alternativa e potrebbe essere destinata all'alimentazione della futura rete filoviaria Bologna-Casalecchio. Il suo modello è già visibile presso la sede del Consorzio di via della Grada.

Il ripristino di una percorribilità pedonale e ciclabile lungo il canale Navile, da via Carracci a Corticella, è un progetto già consolidato da tempo e fa parte dei cosiddetti "inserti verdi" previsti dal Piano strutturale comunale di Bologna. Un intervento di bonifica generale del condotto è già stato effettuato rimuovendo numerose tonnellate di rifiuti dall'alveo; ora sono stati stanziati 700.000 euro per urgenti lavori di manutenzione delle sponde e per rendere agibile un percorso di grande fascino, lungo il quale si trova il Museo del patrimonio industriale e la successione delle conche di navigazione, dal Battiferro a quella di Corticella, disegnata dal Vignola.

Infine, passando al canale di Savena - e mantenendo la stessa idea di trasferire alle canalizzazioni storiche, costruite principalmente per scopi alimentari e produttivi, la funzione di strumenti di comunicazione fra parti di città e al pari di corridoi ecologici - si può prendere in esame l'idea di attivare un percorso pedonale e ciclabile fra il Mulino Parisio di via Toscana e la chiusa di San Ruffillo. Per limitare il consumo idrico è stata poi formulata la proposta di sostituire l'attuale immissione dell'acquedotto nel laghetto dei Giardini Margherita, necessaria alla sopravvivenza animale, con un costante apporto del vicino canale di Savena, a cui verrebbe così attribuita un'utile funzione ecologica.

 

La dimensione antropologica e linguistica

I canali e le opere idrauliche per lo sfruttamento energetico in funzione delle manifatture, per gli scambi commerciali e il trasporto di persone, l'irrigazione ortiva, i servizi (pubblici lavatoi, stabilimenti per bagni) non soltanto condizionano la città a livello economico, ma influiscono sull'organizzazione urbanistico-architettonica e ne determinano la fisionomia culturale. L'utilizzazione delle acque come forza motrice e nei processi di lavorazione interessa opifici e fabbriche (mulini da seta, gualchiere, tintorie, macine da galla, da rizza, da grano, da olio, cartiere, pile da riso, da miglio, ecc.), sviluppando lessici dialettali, tecnicamente connotati, relativi ai cicli di lavoro, agli arnesi, alle macchine e ai prodotti (lessici che ritroviamo in forma italianizzata e, dunque, ancora bolognese, nei regolamenti, negli avvisi e nei bandi delle autorità preposte al governo delle acque e in quelli concernenti le attività economiche e il prelievo fiscale nella città). Il trasporto per acqua di merci e passeggeri, che interessa su scala più ampia anche il territorio circostante (fino a Venezia e all'Adriatico), insieme alla costruzione e alla manutenzione di imbarcazioni (burci, paron, zatte, ecc.), definisce un altro ambito settoriale della lingua parlata e scritta dell'area.

Ma le acque a Bologna hanno svolto anche un ruolo di natura culturale diffusa, originando una toponomastica urbana che interessa non solo le strade storiche, ma pure - anche se perduti - i ponti, le banchine, gli orti, i tratti di canali, insieme alle grade, ai sostegni e ad altri regolatori idraulici, i quali tutti avevano proprie, specifiche denominazioni, costituendo luoghi di incontro e di transito, come pure di ristoro e di divertimento ("andèr a l acua" significava fare il bagno in qualche canale), tanto da consentire impieghi metaforici, come quello assegnato alla locuzione "andèr in t al canèl" (andare al diavolo). Le acque contribuiscono anche per molti altri aspetti a ritmare la vita della città e dei suoi abitanti, che se ne servono per lavare la biancheria e gli indumenti (ancora viva nella memoria degli anziani è la presenza delle lavandaie, che da secoli davano vita a un microcosmo femminile del quale si trovano abbondanti riferimenti anche nella letteratura), per annaffiare i numerosi orti, per abbeverare e detergere le bestie nei guazzatoi ("guazadùr"), smaltire scarichi di varia natura e allontanare le acque di rifiuto, ripulire le strade e sgomberarle dalla neve.

Al pari della citata dimensione economico-produttiva, questa prospettiva antropo-linguistica documenta e recupera un'importante valenza dell'ecosistema urbano fondato sulle acque. Questa tematica, per la sua stessa natura, si integrerà con le altre, ramificandosi capillarmente sull'intero percorso espositivo.

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