Rivista "IBC" XV, 2007, 1

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / interventi

Le campagne di catalogazione della cultura rurale, realizzate alla fine degli anni Settanta, continuano a dare nuovi frutti e stimoli di ricerca inediti.
Le parole della campagna

Lorena Bianconi
[studiosa di storia e cultura dell'alimentazione]

Chi l'avrebbe mai detto che in passato, nelle nostre campagne, per raccogliere a mano i fiori di camomilla si usasse un attrezzo che in dialetto era chiamato "sgranfgnini da brusakul"? Questa singolare denominazione si trova citata in una scheda che fa parte di un'ampia raccolta di documenti catalografici, conosciuti sotto il nome di "schede ARS", che furono realizzate verso la fine degli anni Settanta dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC).1Queste schede vennero utilizzate dall'IBC durante diverse campagne di catalogazione che ebbero luogo a più riprese, tra il 1980 e il 1997, nei musei della regione che custodivano gli oggetti della vita e del lavoro contadino. Con esse, oltre a censire il patrimonio museale, attraverso il metodo dell'inchiesta orale si raccolsero informazioni di tipo linguistico, morfologico, tecnico, sulle funzioni e le modalità d'uso, l'epoca e il luogo di costruzione, il tipo di acquisizione degli oggetti: informazioni che oggi possono rivelarsi preziose per ricostruire la storia del nostro territorio.

In particolare le schede ARS possono essere utili per lo studio della storia dell'alimentazione contadina in Emilia-Romagna, soprattutto per quanto riguarda il periodo compreso tra XIX e XX secolo. Lo suggerirebbe una ricerca "pilota" appena conclusasi, nella quale è stata sottoposta ad analisi una parte dello schedario in possesso dell'IBC, riguardante esclusivamente gli oggetti della cucina contadina. Cucina che qui viene intesa sia come spazio fisico, sia come arte culinaria che poteva essere esercitata nell'ambiente domestico.2 Fra gli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca si può evidenziare, in primo luogo, che spesso le testimonianze e i dati riportati nelle schede concretano in esempi di vita quotidiana le tendenze che le fonti tradizionali esprimono prevalentemente attraverso dati statistici. Per esempio, il fatto che dal XIX secolo in poi si registri una generale inclinazione al miglioramento dell'alimentazione, e in particolare un incremento del consumo di cereali, è confermato dal fatto che, nelle schede, più di un informatore ricorda come la pasta fatta in casa, da alimento esclusivo dei giorni di festa, si sia gradualmente trasformata in cibo quotidiano, che nel menù settimanale si alternava alle zuppe e ai fagioli.

In secondo luogo, la ricerca ha messo in luce come dalle schede si possa trarre spunto per sviluppare riflessioni di tipo sociologico. Dai racconti riportati si ha per esempio conferma della forte distinzione dei ruoli che vigeva all'interno della famiglia mezzadrile, ma si viene anche a conoscenza di alcune eccezioni alla regola, come nel caso della gramolatura del pane. I lavori domestici, e in particolare tutto quanto riguardava l'alimentazione e la cucina, normalmente erano compiti riservati alle donne, ma siccome la panificazione avveniva una volta alla settimana e le famiglie di allora erano assai numerose, l'impastatura del pane richiedeva una grande forza fisica, per cui la partecipazione dell'uomo in questa fase era quasi sempre richiesta.

Le schede ARS si sono inoltre rivelate molto utili per svelare le "malizie del contadino", quelle pratiche messe in atto dai coloni per aggirare le prescrizioni del proprietario che si rivelavano troppo dure o in qualche modo svantaggiose. Stratagemmi che i contadini di un tempo si guardavano bene dal rivelare e che oggi, scampato il pericolo, i loro eredi possono raccontare liberamente. Potremmo citare l'esempio della macinazione domestica dei cereali, una pratica assai diffusa nelle zone di montagna della nostra regione, molto meno in pianura, dove al bisogno solitamente ci si recava al mulino locale. Secondo alcuni informatori anche in pianura le famiglie disponevano di piccole macine a mano, che venivano usate soprattutto nei tempi di carestia o di razionamento del cibo: in quei periodi, infatti, i contadini usavano trattenere per sé una quantità di grano maggiore rispetto a quella pattuita con il proprietario, grano che quindi doveva per forza essere macinato in casa, al riparo dagli sguardi indiscreti.

Ci sono poi due caratteristiche tipiche degli oggetti del mondo contadino che l'analisi delle schede ARS ha messo in evidenza: la polifunzionalità e la pratica del riuso. Molti utensili avevano in effetti una pluralità di funzioni: per esempio la "gramola", che normalmente serviva per impastare il pane, talvolta veniva utilizzata anche per la spremitura dei ciccioli; oppure la "coltella" che, oltre a tagliare la sfoglia nella preparazione dei vari formati di pasta (maltagliati, tagliatelle ecc.) e a tritare finemente lardo e verdure, si usava anche per sminuzzare il sale grosso, adoperando la parte opposta del tagliente. A questo bisogna poi aggiungere che, come già rilevava Claudia Giacometti, "la realtà agricola emergente dalle fonti orali ci mostra non solo una plurifunzionalità dell'oggetto in sincronia, ma anche una plurifunzionalità diacronica, per cui l'attrezzo, logoratosi e inservibile per l'uso originario, viene modificato per svolgere altre funzioni".3 Molti degli utensili presenti nella cucina contadina non sono stati costruiti ex novo, appositamente per svolgere una data funzione, ma sono stati fabbricati utilizzando e riassemblando parti di altri attrezzi ormai rotti o consunti, che originariamente erano nati per altri scopi. Si pensi ai coltelli da cucina realizzati conficcando in un manico di legno un pezzo della lama di una falce fienaia in disuso, oppure a partire da una roncola spuntata.

Infine, grazie alle schede ARS, è stato possibile portare alla luce pratiche di fabbricazione degli utensili che si potrebbero definire arcaiche, di cui forse non esiste più altra testimonianza. La famiglia mezzadrile, avendo scarso accesso al mercato, doveva infatti produrre al suo interno la maggior parte di ciò che consumava, sia in termini di alimenti, sia in termini di attrezzi da lavoro. Quasi tutto quindi si fabbricava in casa, con i materiali che il territorio circostante metteva a disposizione, e con modalità che ai nostri occhi oggi possono apparire estremamente creative. Bottiglie realizzate utilizzando un particolare tipo di zucca, la "zòca marénna", prima svuotata ed essiccata, poi "stagionata" con il vino per circa un mese e mezzo. Fiammiferi fabbricati spaccando degli steli di canapa particolarmente grossi, che poi venivano intinti nello zolfo.

Ecco dunque che le schede ARS sono fonti "alternative", davvero versatili e sfaccettate. Proprio per questa caratteristica, a volte, il loro contenuto può però apparire disorganico e frammentario, a volte anche contraddittorio, come quando l'opinione del compilatore interferisce o smentisce le affermazioni dell'informatore. Potremmo citare a questo proposito il caso del caglio o "presame", un ingrediente che veniva utilizzato durante la produzione del formaggio per fare rapprendere il latte. In una delle schede, dopo aver precisato che, secondo l'informatore, il caglio si otteneva dall'essiccazione e dalla polverizzazione dello stomaco dell'agnello, il compilatore afferma in nota che a suo avviso quella non era un'informazione corretta, essendo in realtà il caglio un coagulante ottenuto dal succo del fiore di alcune piante del genere del cardo. Ora, come può il ricercatore odierno stabilire chi aveva torto e chi ragione? Soltanto ricorrendo a una fonte esterna alle schede, una delle cosiddette "fonti tradizionali": la ragione, in realtà, stava da entrambe le parti in causa, perché, come sosteneva l'agronomo bolognese del XIV secolo Piero de' Crescenzi, il presame poteva essere ricavato sia dallo stomaco dell'agnello, sia dai fiori del cardo selvatico.4

Per questi motivi, senza negare gli aspetti positivi delineati finora, occorre precisare che per una corretta interpretazione delle informazioni contenute nelle schede, è indispensabile procedere con cautela, adottando un approccio critico. Il confronto e l'integrazione dei contenuti che esse riportano con i dati delle fonti tradizionali sono infatti aspetti imprescindibili per una ricerca che voglia utilizzare questo tipo di fonti. Detto questo, le schede ARS possono essere a tutti gli effetti incluse tra le fonti della storia, anche per quanto riguarda il campo dell'alimentazione. Non solo per i dati linguistici e i dettagli sui materiali, sulle tecniche di fabbricazione degli oggetti e sui luoghi di provenienza e di uso, ma soprattutto per le costellazioni di brevissimi riferimenti collaterali che nella maggioranza dei casi esse riportano.

Ciò che in realtà rende davvero interessante questo strumento sono infatti le allusioni e le riflessioni riguardanti le condizioni di vita, la quotidianità, le credenze e le abitudini degli informatori, che vi si trovano soltanto accennate e che scatenano la curiosità del lettore. Consultando le schede si viene in un certo senso colpiti da continui flash, che portano nuovi interrogativi e orizzonti di ricerca inediti. Si auspica quindi, per il futuro, il recupero e la rivalutazione delle schede ARS non solo come fonti storiche, ma soprattutto, come sosteneva Alberto Guenzi, per le loro "potenzialità conoscitive": "La scheda in molti casi pone, in altri suggerisce, nuovi terreni d'indagine. In questo risiede, a mio avviso, l'elemento più interessante di questo strumento: individuare nuovi problemi ponendo nuovi quesiti alle fonti".5

 

Note

(1) ARS (Scheda per attrezzature rurali) è una sigla che venne coniata nel 1979, in previsione della codificazione informatica delle schede. Ringrazio per l'informazione Massimo Tozzi Fontana dell'IBC, testimone diretto della nascita della scheda in quanto membro, insieme a Fabio Foresti, Alberto Guenzi, Giorgio Pedrocco e Carlo Poni, del ristretto gruppo di studiosi che la misero a punto. In proposito si veda: La catalogazione della cultura materiale. Il ciclo della vite e del vino, a cura di F. Foresti, M. Tozzi Fontana, Casalecchio di Reno (Bologna), Grafis, 1985, p. 32.

(2) L. Bianconi, Nuove fonti per la storia dell'alimentazione. Le Schede ARS e gli oggetti della cucina contadina nei musei etnografici dell'Emilia-Romagna, Università di Bologna, Facoltà di lettere e filosofia, tesi del Master biennale europeo in storia e cultura dell'alimentazione, relatore M. Tozzi Fontana, 2006-2007.

(3) C. Giacometti, Fonti orali e fonti scritte: appunti di metodo, in La catalogazione della cultura materiale, cit., p. 34.

(4) Il latte. Storia, lessici, fonti, a cura di M. Tozzi Fontana, M. Montanari, s.l., s.n., 2000, pp. 14-15, 116-117, 131.

(5) A. Guenzi, Osservazioni su alcune “voci” della scheda ARS, in La catalogazione della cultura materiale, cit., p. 41.

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