Rivista "IBC" XV, 2007, 1

musei e beni culturali / pubblicazioni, storie e personaggi

I diari di Luciano Anceschi. 50 anni il verri, "il verri", LI, 2006, 31-32.
Anceschi, il senso e il limite

Michele Tosi
[docente di Storia dell'arte all'Istituto tecnico "Luxemburg" di Bologna]

Luciano Anceschi è stato indubbiamente uno degli insegnanti più importanti che abbiano operato nell'Ateneo bolognese durante la seconda metà del secolo scorso. Ordinario e professore emerito di Estetica, accademico dei Lincei, ideatore, fondatore e direttore della rivista "il verri", ispiratore e punto di riferimento del "Gruppo 63", autore di un cospicuo numero di saggi di fondamentale importanza, Anceschi ha sempre svolto la propria professione con profonda passione. Insegnò alla cattedra di Estetica fino all'11 maggio 1981 quando, nell'aula III della sede di Lettere e filosofia, tenne la sua Ultima lezione. Successivamente continuò a insegnare ma solo nei corsi di perfezionamento e con lezioni di dottorato. Era malato. Continuò anche a occuparsi del suo "verri", dirigendolo e scrivendo per esso fino alla fine. La sua scomparsa avvenne il 2 maggio del 1995.

Questi due volumi, che de "il verri" celebrano il cinquantennale, raccolgono, opportunamente sfoltiti di note troppo personali, o insignificanti per il lettore, i diari che il professore iniziò a tenere con regolarità a partire dal marzo del 1986 e che si conclusero il 23 aprile del 1995. In essi è narrata tutta l'esistenza di Anceschi, dell'insegnante e dell'uomo, anche se nel suo caso, come per tutti i grandi maestri, i due aspetti non sono facilmente scindibili. Vi sono raccontati gli ultimi sviluppi del suo metodo, che egli stesso definiva "nuova fenomenologia critica", i suoi incontri, sempre più radi nel corso degli anni Novanta, i suoi viaggi, i libri letti, il suo rapporto con la quotidianità, con la vecchiaia e con la morte.

Ogni pagina è percorsa dal suo amore per la poesia, e per la parola, nella consapevolezza che il critico deve essere anche scrittore, deve essere anch'egli poeta. Il volume dedicato agli anni Ottanta riporta pagine ancora ricche di entusiasmo, di amore per la novità, di spunti di riflessione, di proposte; nel secondo, invece, non meno affascinante, ha grande spazio il silenzio, il ricordo, la sensazione di inadeguatezza vissuta dallo studioso che avvertiva con inquieta consapevolezza la propria decadenza fisica, la stanchezza, che gli impediva di spendersi come aveva sempre fatto. Vi si legge anche il rimpianto: per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, per qualche occasione mancata. Riflessioni di un'anima desolata, come può essere quella del violinista virtuoso che avverte qualche difficoltà a reggere l'archetto. La vecchiaia deve essere stata difficile da affrontare per uno come lui che della vita ha sempre prediletto la novità e che si è sempre circondato di giovani, incoraggiati e aiutati con l'esperienza e l'entusiasmo di chi era più giovane di loro.

Ricordo con vivo piacere le sue ultime lezioni, a cui ho assistito durante il mio corso di perfezionamento in Storia dell'arte. Ricordo quando ci spiegava i caratteri del proprio metodo. Per Anceschi lo studioso doveva sempre avvicinarsi ai fenomeni relativi alle varie discipline artistiche con un atteggiamento critico, cioè con la consapevolezza dei propri limiti. Lo studioso che si fosse mosso secondo i criteri della fenomenologia critica avrebbe dovuto mettere fra parentesi ogni giudizio assoluto, vedere il senso di ogni risposta ma saperne cogliere anche il limite. Sospendere il giudizio. Non ci si dovrebbe riferire alle categorie, ma ai fenomeni, senza accettare definizioni unilaterali, perché la realtà presenta sempre infinite facce. È necessario quindi ricercare risposte molteplici: non creare nuove definizioni per i fenomeni ma proporne una a più entrate, che ne comprenda altre.

Il professore mi ha insegnato molto nel corso del nostro breve rapporto scolastico: la passione per il proprio mestiere, il desiderio di lavorare come insegnante nella continua ricerca di un rapporto empatico e produttivo con i propri studenti, il senso di libertà che bisogna sempre avere nell'affrontare i contenuti, nel modo di proporli e di approfondirli, e la curiosità, o meglio, il vivo interesse e il rispetto per il giudizio degli altri, anche se sono "solo" degli allievi. E poi... "per capire Ezra Pound, prendine una fotografia e guarda i suoi occhi. Gli occhi di Pound! Guardandoli capirai tutta la sua poesia". Grazie, professore.

 

I diari di Luciano Anceschi. 50 anni il verri, "il verri", LI, 2006, 31-32.

 

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