Rivista "IBC" XV, 2007, 4

territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / immagini, mostre e rassegne, progetti e realizzazioni, pubblicazioni

La Biblioteca Malatestiana presenta le immagini urbane di Bruno Evangelisti, Renzo Ravegnani, Remo Bacchi, Nazario Morigi e Werther Ceccarelli.
Cinque fotografi per un ritratto di Cesena

Giuseppina Benassati
[IBC]

Questo numero di "IBC" propone ai lettori una parte delle fotografie esposte nella mostra "Cinque fotografi per un ritratto di Cesena. Bruno Evangelisti, Renzo Ravegnani, Remo Bacchi, Nazario Morigi, Werther Ceccarelli", allestita nella Biblioteca Malatestiana di Cesena dal 28 settembre all'11 novembre 2007. Ringraziamo la Biblioteca per averci messo a disposizione le foto e per averci concesso di riprendere il testo introduttivo del catalogo adeguandolo alle nostre convenzioni redazionali.1


Da anni la Biblioteca Malatestiana di Cesena va perseguendo, con metodo, competenza e determinazione, un'attenta valorizzazione della fotografia, sia di quella sedimentata nelle proprie collezioni storiche (valga per tutte la copiosa raccolta del Fondo Comandini) sia di quella realizzata da autori cesenati contemporanei: da raffinati dilettanti-amatori come Agostino Lelli Mami a interessanti professionisti quali Augusto Casalboni.2 Avviando sin dai primi anni Novanta la catalogazione delle immagini fotografiche di concerto con la Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'Istituto regionale per i beni culturali (IBC), la Malatestiana ha reso disponibile on-line gran parte del proprio patrimonio (opac.provincia.ra.it/SebinaOpac/Opac); con la conduzione di specifiche indagini, pubblicizzate da mostre e da relativi cataloghi, ha lentamente delineato i confini di un terreno sconosciuto sino a vent'anni fa, quello della produzione fotografica in area cesenate, dalla fine dell'Ottocento al volgere del secolo scorso.

La Biblioteca ha dipanato nei decenni un lavoro metodico e pluridisciplinare, svolto sì localmente ma in modo aggiornato, e talvolta propedeutico, al crescere e all'affinarsi sia in ambito regionale che nazionale, delle tecniche di catalogazione, gestione e valorizzazione della fotografia. Attraverso un fare quotidiano su e per i materiali fotografici, la Malatestiana è stata partecipe sia dei processi, squisitamente professionali, di affinamento delle tecniche catalografiche, sia di quelli, indirizzati al più vasto pubblico, relativi alla "costruzione" della percezione della fotografia come bene culturale, cioè come parte fondante e integrante di un patrimonio inteso come segno e testimonianza della civiltà umana. A dar corpo a queste molteplici direttrici hanno contribuito, oltre che una quotidiana e amorevole cura dei materiali, le azioni svolte, in eguale misura, per la ricerca storica e per la collaborazione fattiva con collezionisti e autori del luogo. La politica di promozione ha poi individuato nel catalogo, sia on-line che a stampa, lo strumento principe per la diffusione dei risultati; i "Quaderni dell'Archivio Fotografico", inaugurati nel 1991 con la monografia dedicata ad Alberico Manuzzi, sono ormai al settimo titolo.3

Alla luce di tutto ciò si può ben affermare che la Malatestiana, in qualità di istituzione bibliotecaria, è sempre più luogo, sia fisico che virtuale, di custodia, cura, studio, valorizzazione/diffusione del portato interdisciplinare della fotografia, che oggi, nell'era digitale, trova soltanto in contesti scientifici di tale natura la possibilità della massima esaltazione, evitando, al contempo, il rischio della banalizzazione e del consumo onnivoro e acritico dell'immagine. Si può ragionevolmente affermare che, in quest'epoca digitale, la professionalità dei bibliotecari sia tra le poche capaci di assicurare alla fotografia l'adozione di pratiche corrette di conservazione nonché di scientifiche tecniche catalografiche, il tutto finalizzato a raggiungere almeno due obiettivi: la conservazione fisica di un patrimonio, quello delle immagini analogiche, fragile e ormai storicizzato, e la contemporanea custodia e diffusione, su supporti tradizionali e non, del portato informativo proprio di ogni fotografia. Il passaggio dall'analogico al digitale consente poi l'ingresso di questo patrimonio in quelle digital libraries il cui valore, oltre che nei criteri di selezione proposti, risiede nel grado di scientificità con cui sono trattate le risorse che ne fanno parte.

Tornando a noi, alla specificità di questa occasione, vediamo come la biblioteca sia artefice della volontà di recupero di una memoria storica vicina, quella che va dagli anni del dopoguerra ai giorni nostri. Grazie alla preziosa collaborazione di cinque fotografi cesenati - Remo Bacchi, Werther Ceccarelli, Bruno Evangelisti, Nazario Morigi (1926-2003) e Renzo Ravegnani - si espongono al pubblico gli esiti di modi differenti del fare e dell'intendere la fotografia, e di interpretare il "volto" di Cesena, dagli anni Cinquanta del Novecento ai giorni nostri. In realtà l'arco temporale delle immagini proposte è un po' più ristretto e abbraccia soprattutto gli anni Sessanta e Settanta (soltanto Ceccarelli presenta opere del Duemila), esibendo alcune stampe vintage di grande cura e sicura suggestione.

Si tratta, come si diceva, di immagini assai diverse, accomunate dalla rappresentazione di una dimensione ormai perduta, schiacciata dalla globalizzazione, quella della provincia italiana, qui svolta in una pluralità di chiavi: ironica, melanconica, surreale, oggettiva. Nello sfondo, gli edifici e l'urbanistica di una città raffigurata senza incanto, fissata nell'implacabile perdersi della cifra unitaria del tessuto urbano, superstite nelle emergenze architettoniche ma irrimediabilmente violata, dalla guerra, dalla povertà e dalla nascente speculazione edilizia. Gran parte delle immagini, soprattutto quelle di Remo Bacchi, ritraggono una città che sta de-costruendo l'antico volto architettonico e urbanistico: la ripresa economica del dopoguerra spazza via costruzioni vetuste, profana un tessuto urbano nel quale, per centinaia di anni, la vita e i commerci umani sono avvenuti secondo modalità che ancora, e soltanto per quegli anni, continuano a sopravvivere.

Renzo Ravegnani entra nel vivo di questo mondo, la sua Cesena è quella degli scambi e dei commerci per strada: venditori di ortaggi e frutta espongono le loro merci a terra o su banchetti improvvisati, sono colti nel vivo delle loro attività, intenti al dialogo con clienti che sono partecipi di una sorta di rito sociale, quello dell'acquisto e dello scambio, non solo di merci, ma anche di commenti e battute verbali. Nelle immagini, tutte, si avverte uno scorrere del tempo ancora lento, scandito da ritmi in cui la luce del giorno vede il succedersi misurato di azioni e gesti ripetuti forse da secoli; nelle strade non si svolgono commerci urlati, nemmeno frettolosi scambi di beni e denari: ambulanti (spesso gli stessi contadini) e acquirenti si concedono il lusso, in una società ancora povera, della più nobile delle arti, quella della conversazione.

Nelle fotografie di Bruno Evangelisti degli anni Sessanta, slarghi, edifici industriali, mercati all'ingrosso, sono lo sfondo di una vita che ancora fluisce secondo ritmi antichi: l'andare al mercato delle erbe e del pesce, lo scambiare commerci nelle strade e nelle piazze. I danni della guerra sono ancora visibili in una città che cambia inesorabilmente, la povertà della campagna affiora nel sembiante di una bambina, di toccante innocente stupore, o nel volto solcato di rughe di una vecchia,ritratti esposti e premiati alle mostre fotografiche delle Settimane Cesenati del '64 e del '65, forse aggiornati sulla cifra di Paul Strand, attivo negli anni Cinquanta a Luzzara, molto in sintonia anche con un altro grande fotografo che si muove tra uomini e donne della civiltà contadina, Enrico Pasquali.4 Nuovi riti si stanno facendo strada: l'ozio serale, il "trovarsi" al bar intorno al televisore per "la partita", sono stigmatizzati in un felicissimo scatto di Evangelisti, sorta di manifesto antropologico dei primi anni Sessanta, emblema di un'epoca quanto la Cinquecento, peraltro assai presente nelle fotografie di quegli anni.

Rimangono poi impressi, per la felice disposizione dell'autore alla caratterizzazione dei personaggi, i ritratti da questi realizzati nell'arco di un ventennio. Il Canonico Carlo Baronio incede ormai anziano in un marciapiede ingombro di Cinquecento (1968) - l'avevamo incontrato giovane in una fotografia di Manuzzi;5 nel decennio successivo, Il posteggiatore Quarto Venturini, in compagnia del proprio cane, siede accanto alle biciclette: un quadro di toccante neorealismo; sottile è l'interpretazione del poeta e pittore Renato Turci, assorto nella scrittura classificatoria di un plico di cassette, mentre Il Maestro Aurelio Righi innalza il bastone e incede come a passo di danza, un'immagine un po' surreale e quasi felliniana, allusiva a una svagata e serena vecchiaia.

Per Nazario Morigi protagonista dell'immagine è sempre l'uomo, anche quando il fotografo riprende scorci di strade e di edifici. Può essere che il passeggio di due signore di un'eleganza un po' rigida, esibita nella versione provinciale di perfette mises da giorno, concluse da iperboliche acconciature, tragga per un attimo in inganno e ci faccia pensare, più che a un'immagine realizzata a Cesena, a un fotogramma scattato da Diane Arbus; una sorta di fredda oggettività domina l'inquadratura, ma uno stendardo con la scritta "Avanti con la DC" sposta la cifra dell'immagine dal piano della fredda oggettività a quello del sottile sarcasmo. In altri casi, come nella bella fotografia del prete che cammina in Corso Cavour, il sarcasmo si trasforma in maliziosa ironia: il prelato incede rapido, avvolto nella tonaca nera, assorto e distaccato da ciò che gli sta accanto, ovvero il portone con targa di un noto studio pediatrico. Una sottile vena malinconica pervade ritratti di ragazzi, chiusi nell'incomunicabilità della giovinezza (molto intenso il Profilo del 1958) o di vecchi, come quello in cappotto scuro e bastone, raffigurato ai bordi di una strada. In quest'ultimo caso il titolo, La Prinz del Centrale, introduce una nota di leggerezza a cui è affidato il compito, altrove assolto da scritte presenti dentro l'immagine, di sdrammatizzare il contenuto della fotografia.

Remo Bacchi predilige la veduta urbana ma anche nel suo caso l'uomo è protagonista, seppur in negativo, di scenari privi di monumentalità, indagati da uno sguardo severo e freddo nella restituzione dello scempio della quotidianità. Siamo nel decennio successivo a quello nel quale Paolo Monti realizzò il censimento del centro storico di Cesena (1972).6 I muri slabbrati, gli edifici dai mattoni sconnessi che denunciano incuria e degrado, gli spiazzi che si allargano sguaiati in luogo di spazi antichi e raccolti; questo, e altro ancora, testimoniano le fotografie di Bacchi, l'esatto opposto, a dieci anni e più di distanza, dell'immagine di Cesena restituita nel suo valore storico assoluto da Monti. È come se quella sorta di città ideale, priva di uomini, automobili, cavi e segnaletiche, suggestiva perché plasmata e sapientemente esaltata dalla luce, fosse occultata da un'ondata di barbara distruzione.

Nel Duemila il processo di degrado pare arrestato: le fotografie realizzate da Werther Ceccarelli fissano slarghi, scorci, particolari architettonici ingranditi in una sorta di fredda oggettività e di quasi siderale iconografia che pare congelare uno scenario urbano privo di vita, quella, per intenderci, che ancora pulsava negli scatti di Evangelisti, Morigi e Ravegnani. In queste immagini silenti è un tempo bloccato, quasi un'attesa, forse quella del ritorno dell'uomo. A questo punto saremmo tentati di fare un bilancio negativo se non fosse che, diffidenti del valore meramente documentario delle immagini, decidiamo di verificare dal vivo come sia la Cesena di oggi.

Ci caliamo nella realtà, passeggiamo nella città vera, camminiamo a ridosso di muri grevi di caldo (è luglio) e saturi di antichi colori riproposti da recenti restauri, cerchiamo riparo sotto portici bassi, ombrosi e avvolgenti. Ci imbattiamo in pochi passanti, ci guardano con occhio leggermente curioso, "è una che viene da fuori"; muri, colori, odori, uomini, bastano a confermarci nelle nostre convinzioni circa il portato documentario, sì, ma fortemente interpretativo della fotografia, della sua necessità di rappresentare il vero per trasfigurarlo ed esaltarlo in mille diverse declinazioni. Di passo in passo, percepiamo l'anima di un centro storico che, anche grazie ai reportage fotografici degli anni Settanta, non è stato massicciamente oltraggiato; mano a mano che riprendiamo contatto con la città ci accorgiamo anche di quanto la nostra percezione della Cesena reale sia influenzata da quella della Cesena fotografica. Ci basta, rientriamo per concludere questo scritto: d'ora in poi saranno soltanto le immagini a parlare.


Note

(1) G. Benassati, Cinque fotografi per un ritratto di Cesena, in Cinque fotografi per un ritratto di Cesena. Bruno Evangelisti, Renzo Ravegnani, Remo Bacchi, Nazario Morigi, Werther Ceccarelli, a cura di G. Benassati e D. Savoia, in collaborazione con G. Boni e G. Lelli Mami, Cesena, Comune di Cesena - Biblioteca Malatestiana, 2007 (Quaderni dell'Archivio fotografico, 8), pp. 6-9.

(2) Per il Fondo Comandini, si veda: L'Italia nei cento anni. Libri e stampe della biblioteca di Alfredo Comandini, a cura di G. Benassati e D. Savoia, Bologna, Grafis, 1998; stampe e disegni sono consultabili on-line nel catalogo Imago: imago.sebina.it/SebinaOpacIMAGO/Opac; le fotografie sono accessibili, al pari di tutte le altre della biblioteca, nel catalogo del Polo SBN (Servizio bibliotecario nazionale) della rete bibliotecaria di Romagna: opac.provincia.ra.it/SebinaOpac/Opac. Per immagini di carattere storico relative alla Prima guerra mondiale si veda: Immagini e documenti della Grande Guerra, a cura di G. Boni, L. Righetti, D. Savoia, Cesena, Il ponte vecchio, 2000 (Quaderni dell'Archivio Fotografico, 5). Per Agostino Lelli Mami si veda: Agostino Lelli Mami. Fotografo amatoriale (1867-1957), a cura di G. Benassati e G. Boni, con la collaborazione di G. Lelli Mami, Cesena, [stampa: SILA], 1994 (Quaderni dell'Archivio Fotografico, 2). Per Augusto Casalboni: Augusto Casalboni "più che fotografo, artista ed appassionato studioso", a cura di G. Boni e D. Savoia, Cesena, Il ponte vecchio, 2002 (Quaderni dell'Archivio Fotografico, 7).

(3) Per Manuzzi si veda: Alberico Manuzzi. La bottega di un fotografo a Cesena, a cura di P. Lucchi, con la collaborazione di A. Antolini e G. Boni, [stampa: Cesena, Litografia tuttastampa, 1991] (Quaderni dell'Archivio Fotografico, 1). I titoli apparsi nella collana dei "Quaderni dell'Archivio Fotografico" sono, in ordine cronologico di pubblicazione, oltre a quelli già citati nelle note 1 e 2: Giuseppe Palmas. Professione fotoreporter, a cura di R. Palmas, A. Maraldi, A. Severi, Cesena, Archivio fotografico Giuseppe Palmas, 1995 (Quaderni dell'Archivio Fotografico, 3); Un fotografo nel medioevo. Viaggio tra le rocche e i castelli della Romagna nelle fotografie di Francesco Dellamore, a cura di G. Boni e E. M. Turci, con la collaborazione di S. Spada, [senza luogo di edizione], Rotary International Club Valle del Savio, [1998] (Quaderni dell'Archivio Fotografico, 4); L'inganno del vero. Artisti e scrittori nella Roma degli anni '70, a cura di L. Righetti e D. Savoia, Cesena, Il ponte vecchio, 2001 (Quaderni dell'Archivio Fotografico, 6).

(4) Il sodalizio tra Cesare Zavattini e Paul Strand diede vita a straordinarie immagini, pubblicate poi nel volume Un paese, edito da Einaudi nel 1955, recentemente riproposto da Alinari. Nuovi elementi per meglio comprendere quella straordinaria avventura intellettuale e artistica sono in Paul Strand - Cesare Zavattini. Lettere e immagini, a cura di E. Gualtieri, Bologna, Bora, 2006; si veda in proposito la recensione: V. Ferorelli, Un caffè in paese, "IBC", XIV, 2007, 2, p. 88. Per Enrico Pasquali si vedano: R. Renzi, L'anomalia del contadino neorealista, in Enrico Pasquali fotografo. Bologna negli anni della ricostruzione 1951-1960, a cura di F. Bonilauri, Bologna, Grafis, 1985 (IBC Dossier, 23), e il recente Il caso Pasquali fotografo, a cura di C. Sughi, "Cineteca Speciale", 2006.

(5) Per don Baronio giovane si veda: Gruppo familiare con don Baronio e un altro sacerdote, fotografia n. 74, p. 81 del catalogo Alberico Manuzzi. La bottega di un fotografo a Cesena citato nella nota 3.

(6) La Biblioteca Malatestiana conserva una copia, in positivo, del rilevamento fotografico della città di Cesena realizzato da Paolo Monti (1908-1982) tra i mesi di luglio e ottobre del 1972, e insieme a queste 866 stampe ci sono 12 immagini di Cesenatico; altre copie delle medesime stampe fotografiche - i cui negativi sono ancora, verosimilmente, presso l'Istituto di fotografia Paolo Monti di Milano - sono custodite nella Fototeca dell'IBC. Una riflessione sul censimento del centro storico di Cesena è in Forlì e Cesena nelle foto di Paolo Monti, a cura di B. Dradi Maraldi e M. Gori, con un saggio di A. Emiliani, Milano, Federico Motta, 1996.

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