Rivista "IBC" XXIII, 2015, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni, storie e personaggi

L'Accademia di belle arti di Bologna dedica una mostra al celebre aviatore romagnolo Francesco Baracca e al suo mito, nato durante la Prima guerra mondiale e strumentalizzato dal fascismo.
Un punto nel cielo

Leonardo Regano
[storico dell'arte]

È il 9 maggio del 1888. A Lugo, piccola cittadina tra Faenza e il mare, nasce Francesco Baracca, figlio del conte Enrico, facoltoso proprietario terriero, e della contessa Paolina de' Biancoli. Il giovane Francesco cresce tra la Romagna e la vicina Toscana, dove studia al Liceo Dante di Firenze, in seguito perfezionando la sua formazione alla Scuola militare di Modena. A ventidue anni, fa il suo ingresso in aviazione, assegnato al Primo squadrone del Reggimento "Piemonte Reale" di stanza a Roma. Dopo un addestramento in Francia, ottiene il brevetto di volo nel luglio del 1912. È l'inizio del mito. La bravura e la temerarietà di Francesco faranno di lui "Baracca", un eroe popolare per generazioni di italiani, una leggenda per poeti e cantautori che a tutt'oggi continuano a narrarne le gesta vittoriose, fulgido esempio di valore militare e di audacia in combattimento.

L'Accademia di belle arti di Bologna - e nello specifico il Dipartimento di progettazione e arti applicate in collaborazione con la Scuola di restauro - presentano "Il cavaliere del cielo. Il mito di Francesco Baracca nel monumento di Rambelli e nei media", una mostra curata da Beatrice Buscaroli, Piero Deggiovanni, Alfonso Panzetta e Valeria Roncuzzi, con il coordinamento generale di Camilla Roversi Monaco.

L'iniziativa dell'Accademia, nata nel clima più generale delle celebrazioni per il centenario della Prima guerra mondiale, segue di pochi giorni la riapertura al pubblico del Museo intitolato all'aviatore romagnolo, istituito per volontà del Comune di Lugo nel 1926 e che oggi - dopo essere stato ospitato per un lungo periodo nella sala d'ingresso della Rocca estense - trova sede nella sua casa natale, nel rispetto delle volontà testamentarie del padre Enrico. "Il cavaliere del cielo" non si presenta solo come una semplice seppur interessante occasione per ripercorre la vita valorosa di Francesco Baracca, ma si propone anche come un'intelligente indagine sul riflesso che la sua figura ha riscosso nell'immaginario collettivo italiano e internazionale, su come egli sia stato visto e raccontato attraverso le arti visive, il cinema, la musica e i mass media.


Fin dalle sue prime vittorie - di cui la prima in assoluto, quella riportata il 7 aprile del 1916 contro un  Aiviatik austriaco - Baracca acquisisce un crescente interesse mediatico e un enorme consenso popolare. Numerosi i premi e i riconoscimenti per le sue azioni di guerra, tra cui una medaglia di bronzo, tre d'argento e una d'oro ottenuta per il suo trentesimo abbattimento di un aereo nemico, a cui si aggiungono la croce di cavaliere ufficiale dell'ordine di Savoia e quella di cavaliere della Corona Belga.

Con una modalità simile a quella che di lì a pochi anni sarà riservata ai divi del cinematografo, la stampa nazionale osanna Baracca, lo rende protagonista di reportage fotografici che ne raccontano le gesta e i successi, mostrandolo, elegante e vittorioso, protagonista di audaci duelli in volo, conduttore di battaglie che segnano alcuni dei momenti più fortunati della partecipazione italiana al primo conflitto mondiale.

Si tratta, a dire il vero, di un'impresa mediatica ben studiata, di cui lo stesso aviatore è consapevole, come evidenzia Valeria Roncuzzi nel catalogo che accompagna la mostra, edito da Aska Edizioni: "Fu lo stesso Francesco Baracca a compiacersi della diffusione della propria immagine attraverso l'utilizzo sapiente della rete di relazioni propria e dei genitori. Le sue imprese entrarono ben presto trionfalmente nelle cronache dei maggiori quotidiani e dei periodici come 'La Domenica del Corriere', 'La Tribuna Illustrata' e 'L'Illustrazione Italiana'. Anche 'La Lettura', rivista mensile del 'Corriere della Sera', dal carattere colto e insieme popolare su modello anglosassone, che nelle fotografie aveva un punto di forza per divulgare le gesta dell'esercito italiano durante la Grande Guerra, gli diede ampio spazio. [...] Nelle lettere ai genitori, soprattutto alla madre, troviamo frequenti accenni alla propria crescente popolarità e considerazioni sul modo più efficace per diffondere le notizie sui propri successi, senza violare i limiti imposti dal Comando Supremo. Anzi, in almeno un'occasione Baracca si lamentò dell'eccessiva riservatezza imposta da Cadorna, contrapponendola alla liberalità con cui i comandi austroungarici diffondevano i nomi dei loro avviatori più capaci". 1

Il culmine della sua popolarità Francesco Baracca lo raggiunge all'età di 29 anni, nel 1917. Nella primavera di quell'anno, infatti, si forma la 91esima Squadriglia Aeroplani, passata alla storia come la leggendaria "Squadriglia degli Assi", dotata dei piloti più valorosi della nostra aviazione e dei caccia più potenti forniti dall'alleato francese (un esemplare di  Nieuport 17 e gli  SPAD VII e  XIII). Francesco ne è a capo, divenendo per tutti l'"Asso degli Assi". Simbolo di questa squadra è lo stemma con il cavallino nero, rampante e con lo sguardo rivolto verso destra, lo stesso che la madre di Baracca, la contessa Paolina, qualche anno dopo la morte del figlio donerà al giovane Enzo Ferrari come ricordo di Francesco e auspicio benevolo per la sua carriera di pilota. Nella mostra è presente l'esemplare appartenente alle Collezioni d'arte e di storia della Fondazione Cassa di risparmio in Bologna, esposto al Museo della storia di Bologna in Palazzo Pepoli.

L'eco della fama di Francesco Baracca passerà ai posteri, alimentata dal governo fascista e dall'Aereonautica militare italiana, che per decenni ne sfrutteranno l'immagine di eroe imbattuto, creandone un'iconografia inconfondibile. La sua figura ha assunto anche una forte valenza pedagogica già durante il Ventennio, ritrovandosi nei manuali scolastici come supporto alla diffusione dell'ideologia della "Nuova Italia" promossa dal governo fascista. Ma anche in tempi più recenti l'immagine di Baracca continua ad assumere una valenza iconografica precisa, di eroe al servizio della patria, come dimostra la cartolina celebrativa pubblicata dall'Aeronautica nel 1988, in occasione del centenario della sua nascita. "All'immagine dell'eroe aviatore che campeggia sulla destra" - osserva Piero Deggiovanni - "fanno pendant un duello aereo in alto e, in basso, la corrispondente singolar tenzone tra due cavalieri medievali bardati da torneo. Il messaggio è chiaro: Baracca è la sintesi della cavalleria del cielo e di quella antica nell'identità dei valori". 2

Sempre restando sul tema della diffusione dell'immagine di Francesco Baracca, ma in anni più recenti, e fuori dal contesto militare, come non ricordare il contributo di celebri cantautori come Sergio Endrigo ( Francesco Baracca, 1982) e Francesco De Gregori ( SPAD VII S489, 2001) o anche la singolare figura di Marco Pagot, l'aviatore italiano trasformato in maiale per uno strano sortilegio, protagonista di  Porco Rosso (1992), capolavoro del cinema d'animazione di Hayao Miyazaki, liberamente ispirato proprio al mito di Baracca.


L'altro grande protagonista della mostra "Il Cavaliere del Cielo" è Domenico Rambelli, lo scultore faentino autore del monumento a memoria di Francesco Baracca, eretto a Lugo nel giugno del 1936. In mostra nell'Aula Magna dell'Accademia di belle arti bolognese è presente anche una sezione dedicata ai disegni preparatori per il monumento, realizzati da Rambelli tra il 1927 e il 1930, testimoni di quel travagliato processo creativo che ha accompagnato il lavoro dello scultore romagnolo, legato soprattutto alle problematiche dovute all'incertezza sulla collocazione dell'opera.

Il rapporto tra la statuaria monumentaria e l'arte di Domenico Rambelli è stato oggetto dello studio di Alfonso Panzetta, che nel saggio pubblicato all'interno del catalogo precisa come lo scultore, in realtà, "non è stato autore prolifico di monumenti pubblici, ma i pochi eseguiti hanno sempre suscitato attenzione e acceso dibattito al punto da far considerare il suo autore come uno dei principali protagonisti della scultura celebrativa e monumentale del Ventennio. [...] In questo nucleo di disegni è già evidente la scelta di una struttura monumentale simbolica ed espressionista, che collocava la figura di Baracca sullo sfondo di un'ala stilizzata e altissima; la figura dell'aviatore, chiusa in un lungo pastrano, già nei disegni è caratterizzata con grande sintesi: dritta, monolitica, lo sguardo lontano e una sommaria descrizione degli elementi di riconoscibilità (il casco in testa, gli occhiali in mano). Una figura che pare aver tenuto conto del Balzac di August Rodin, ma forgiata sulle precedenti e personalissime esperienze monumentali dell'artista a Viareggio [il Monumento ai Caduti, 1927,  nota dell'autore] e a Lugo". 3


Un elemento importante che contraddistingue la mostra dedicata a Francesco Baracca è stato l'impegno diretto della Scuola di restauro facente capo all'Accademia, che ha visto gli studenti del "Percorso formativo professionalizzante 5", dedicato al "Materiale librario e archivistico, manufatti cartacei e pergamenacei, materiale fotografico, cinematografico e digitale", impegnarsi nel recupero e nella valorizzazione dei documenti esposti, nonché nel montaggio delle opere e nell'allestimento della mostra stessa, coordinati da Camilla Roversi Monaco e dagli altri docenti del corso: Carlotta Letizia Zanasi, Andrea Del Bianco e Melissa Gianferrari.

Sono state quasi sessanta le opere su cui si è reso necessario un intervento da parte dei giovani studenti, un'impresa lodevole considerati i tempi ridotti in cui i ragazzi hanno dovuto operare e il risultato eccellente ottenuto. Il lavoro è stato svolto sotto l'alta sorveglianza della Soprintendenza per i beni librari e documentari della Regione Emilia-Romagna e della Soprintendenza belle arti e paesaggio di Bologna.


Concludendo questo breve viaggio nel mito di Francesco Baracca e tornando al riflesso che le imprese dell'aviatore romagnolo hanno avuto nella memoria collettiva dei suoi contemporanei e dei posteri, non si possono non citare le parole di colui che è stato forse il più grande tra i suoi ammiratori, Gabriele D'Annunzio. "Per noi era tutto un'ala di guerra, cuore e motore, tendini e tiranti, ossa e centine, sangue ed essenza, animo e fuoco. Tutto una volontà di battaglia, uomo e congegno. L'ala s'è rotta e arsa. Il corpo s'è rotto e arso. Ma chi oggi è più alato di lui? Ditemelo. Chi oggi è più alato e più alto di lui? Ditemelo. Non era se non un punto nel cielo immenso, non era se non una vibrazione invisibile nell'azzurro infinito. E ora è per noi tutto il cielo, è per noi tutto l'azzurro. [...] Aveva vinto trentaquattro avversari. Ed ecco, vinceva gli eserciti. La sua gloria, non era più un numero. Era un'ala innumerevole e unanime sopra l'Italia trionfante". 4 Con queste parole, pronunciate il 26 giugno 1918 a Quinto di Treviso, il Vate consegna alla storia il mito di Francesco Baracca, morto prematuramente a poco più di trent'anni, servendo la valorosamente la sua patria che, in fondo, non l'ha mai dimenticato.


Note

( 1) V. Roncuzzi,  Francesco Baracca: Ricognizioni tra Stampa e Musica, in  Cavaliere del Cielo. Il mito di Baracca nel Monumento di Rambelli e nei Media. Mostra commemorativa del centenario della Prima Guerra Mondiale, Bologna, Aska Edizioni, 2015, pp. 36, 44.

( 2) P. Deggiovanni,  Dal mito al logo. Iconografia dell'eroe, in  Cavaliere del Cielo, cit., p. 28.

( 3) A. Panzetta,  Domenico Rambelli, pubblico e monumentale, in  Cavaliere del Cielo, cit., pp. 19, 24.

( 4) G. D'Annunzio,  Alla salma di Francesco Baracca, "L'Eloquenza", VII, 1918, 21-24, p. 528.

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