Rivista "IBC" XXVII, 2019, 4
musei e beni culturali, biblioteche e archivi / linguaggi, storie e personaggi
Il muro che divide il salone Bolognini dalle stanze della Biblioteca Patriarcale San Domenico di Bologna conserva una targa dedicata alla donazione di Giuditta Tirapani, vedova di Mariano Suali, effettuata il 17 dicembre 1978. L’epigrafe, in latino, commemora e spiega la natura dell’evento: In memoriam Mariani coniugis dilectissimi Aloisii et Mariani Suali bibliothecam ad indicarum rerum studia promovenda Judith Suali Tirapani donavit. Il merito di aver costituito una raccolta di libri e manoscritti dedicata ad indicarum studia fu in realtà di Aloisius, o meglio Luigi Suali, (Bologna, 29 settembre 1881 – Pavia, 9 marzo 1957), il padre di Mariano.Nel 1903, infatti, appena completato il corso di studi universitari a Bologna come allievo di Francesco Lorenzo Pullè, professore di Sanscrito, all’età di ventidue anni Luigi si trasferì in Germania, a Bonn, dove si trattenne per un biennio in qualità di studente presso la cattedra di Sanscrito tenuta da Hermann Jacobi e per approfondire gli studi indianistici con altri famosi accademici tedeschi impegnati in ricerche sull’Asia, secondo una prassi consolidata seguita dagli orientalisti italiani dell'epoca. Negli stessi anni ottenne notorietà e vivo apprezzamento nel contesto accademico internazionale grazie alla traduzione in lingua inglese della sua tesi di laurea, Il Sistema Buddhistico nel Compendio dei Sistemi filosofici di Haribhadra con il commento di Gunaratna, ovvero un commento edito nel XV secolo a un testo scritto dal monaco jaina Haribhadra Suri (VI sec.), che fu pubblicata nel 1905 nella collana Bibliotheca Indica edita dalla Royal Asiatic Society di Calcutta. L’edizione era stata sollecitata dallo stesso Jacobi, che apprezzava le doti dello studioso di origine bolognese. Un risultato mai raggiunto prima di allora da studiosi italiani impegnati nel compiere ricerche sull'India e sulle lingue indiane. Raffaele Torella, oggi docente di lingua e letteratura sanscrita presso l'Istituto Italiano di Studi Orientali di Roma, esattamente un secolo dopo rispetto al felice esito del lavoro giovanile di Suali, nella Prefazione al volume di Paul Dundas, Il Jainismo (2005), riguardo al testo edito nella serie Bibliotheca Indica ha scritto: “La sua edizione è rimasta quella di riferimento, tuttora regolarmente ristampata ”, per passare poi a ricordare le altre traduzioni e opere filologiche di ambito jaina edite in quegli anni da Suali, in Italia e in India. Benché grazie alle stesse opere fosse stato invitato a proseguire le sue ricerche nelle biblioteche di società scientifiche indiane e di varie comunità jaina in diverse città del Paese asiatico, l’indianista bolognese non visitò mai l’India, alla cui letteratura religiosa e filosofica dedicò invece l’intera attività di studi .
Tra le collezioni di testi votati allo studio della letteratura sanscrita pubblicate in Oriente conservate nel fondo Suali della Biblioteca Patriarcale San Domenico, la raccolta di volumi più consistente proviene dalla Bibliotheca Indica, fondata nel 1849 a Calcutta dalla Royal Asiatic Society of Bengal. Vi sono inoltre volumi delle Trivandrum Sanskrit Series, pubblicate sotto l’autorità del governo del maharaja di Travancore, così come libri provenienti dalla Bibliotheca Sanskrita, edita sotto l’autorità del governo del maharaja di Mysore, oltre ad alcuni testi della Kavya Mala Series of Books uscita per i tipi della Nirnaya Sagar Press di Bombay. Numerose sono inoltre le serie jaina, tra cui spiccano la Śrījaina yaśovijaya granthamālā pubblicata a Benares dalla Società jaina Śrī Yaśovijaya, e la Devacandra Lālabhāī Jaina Pustakoddhāra Samsthā, fondata da Seth Devchand Lalbhai Javeri ad Ahmedabad. Collane di altra natura sono infine presenti nel fondo. Spiccano per importanza l’ Archaeological Survey of India, l’ Epigraphia Indica, e il Corpus Inscriptionum Indicarum, curate direttamente dal Governo inglese in India. Le due collane occidentali più consistenti sono raccolte di testi buddhisti: Bibliotheca Buddhica, pubblicata a San Pietroburgo dall'Accademia Imperiale delle Scienze, e la collezione di testi buddhisti in lingua pāli, edita dalla Pali Text Society e curata da Thomas William Rhys Davids. Il fondo Suali vanta inoltre la presenza, seppure limitata, della serie curata da Friedrich Max Müller, Sacred Books of East. Sono presenti anche alcune collane tedesche, come la Grundriss der indoarischen Philologie und Altertumskunde (Encyclopedia of Indo−Aryan research), curata da Georg Bühler, e la Abhandlungen für die Kunde des Morgenlandes (Saggi per la conoscenza dell’Oriente), pubblicata dalla Deutsche Morgenländischen Gesellschaft a Leipzig. La prima comprende autorevoli saggi di filologia e grammatica indiane, la seconda le edizioni tedesche di importanti testi indiani. Le monografie in sanscrito presenti nel fondo sono circa ottocento, e riguardano molti aspetti della cultura indiana: dal teatro ai codici di legge, dalla letteratura alla grammatica, e dalla filosofia alla religione, con particolare interesse per il jainismo ed il buddhismo, dottrine che costituirono il principale argomento degli studi di Luigi Suali. Numerosi sono i testi di jainismo in pracrito, particolarmente in ardha−magadhi, lingua in cui è redatta una parte del canone jaina. Seguono volumi in lingua gujarati, principalmente di argomento jaina. Sono presenti anche testi in tibetano, di argomento buddhista, in scrittura arabo−persiana e in uighur.
La maggior parte di questi libri furono la base degli studi giovanili e adulti di Suali, che nel 1934 pubblicò il
Gotama Buddha, una delle opere che meglio rappresentano il suo lavoro di attento filologo e storico della filosofia indiana, giunto alle stampe a conclusione di un periodo davvero fecondo per la pubblicazione libri, traduzioni ed edizioni critiche riferite al pensiero buddhista, che si riscontrò in Italia prima dell’affermazione completa della dittatura fascista. L’interesse nei confronti del buddhismo coincise, tra il primo e il secondo decennio del secolo scorso, con la pubblicazione di alcuni volumi curati da Giuseppe Di Lorenzo, geologo e cultore del buddhismo, di cui si possono ricordare, tra i molti testi editi,
India e Buddhismo antico (1904) e
I discorsi di Gotamo Buddho del Majjhimanikayo (1916), volumi ristampati dopo pochi anni dalla prima uscita e ancor più di recente. Fu un momento decisamente lieto dell'editoria italiana legata al pensiero asiatico, al quale parteciparono anche molti accademici, nell’esiguo numero di coloro che all’epoca si dedicavano a studi orientalistici; dal più noto tra questi negli anni Venti, Carlo Formichi, che tradusse il testo di Aśvaghoṣa, il
Buddhacarita, in
Aśvaghoṣa, poeta del buddhismo (1912) e fu autore di
Apologia del Buddhismo (1923), a Ferdinando Belloni−Filippi, docente a Pisa, che Suali conobbe tramite un comune maestro nello studio del sanscrito, Francesco Lorenzo Pullè, docente del primo dei due all'Università di Pisa, del secondo a Bologna, dove Pullè fondò anche il Museo Indiano (1907− 1935), nel quale era presente una straordinaria collezione di fotografie con raffigurazioni di monumenti e statue buddhiste, così come un’ampia raccolta di statue con rappresentazioni buddhiste provenienti da tutto il continente asiatico (
1).
Belloni−Filippi, che ebbe con Suali negli anni un cospicuo scambio epistolare, seguì le gesta editoriali di Carlo Formichi poco più tardi, quando pubblicò
La dottrina del Buddha (1928), nello stesso anno in cui usciva
Il Buddhismo, di un ancora giovane Giuseppe Tucci, che negli anni immediatamente a venire avrebbe dato alle stampe anche alcune traduzioni di testi indiani. Altrettanto fece Paolo Emilio Pavolini, anch'egli maestro di Suali nel 1905, presso l'Istituto di Studi Superiori di Firenze, che tradusse il
Dhammapada, il
Suttanipāta e l'
Ittivuttaka nel suo
Testi di morale buddhistica (1933), editi un anno prima del volume dello studioso bolognese.
Il fecondo periodo era destinato a concludersi poco dopo la pubblicazione del
Gotama Buddha, per riprendere, a partire dagli anni Sessanta del Novecento. L’opera fu pubblicata quando Suali, collega e amico degli autori citati in precedenza, era professore di Sanscrito da ormai più di vent’anni all'Università di Pavia, dove svolse la sua intera attività di docente; in una fase senz'altro già matura dei suoi studi, ma non tarda, giacché avrebbe avuto ancora davanti a sé più di vent'anni di cattedra universitaria. Dopo il pensionamento avvenuto nel 1951, infatti, assunse l'incarico di professore fuori ruolo (per limiti d'età) e continuò a svolgere attività scientifica fino all'anno del decesso nell'ateneo pavese (
2). Le ricerche per la stesura del
Gotama Buddha risalivano però ad anni precedenti rispetto alla data di pubblicazione del libro, quando Suali partecipò alla fioritura degli studi sul buddhismo con un'opera rimasta famosa,
L'Illuminato (1925). L'indianista bolognese ricorda, nel passaggio finale alla prefazione al libro, anch'esso dedicato alla figura del Buddha storico Siddhārta Gautama come si evince con chiarezza dal titolo, che in realtà era impegnato nella stesura del
Gotama Buddha già negli stessi giorni: “Io volli qui delineare la figura del Maestro nella sua realtà religiosamente più vera – sosteneva Suali nelle ultime righe della prefazione a
L'Illuminato –; in un altro volume già in gran parte composto,
La parola del Buddha, esporrò più ordinatamente e compiutamente la dottrina”
.
L'Illuminato, edito dunque circa dieci anni prima del
Gotama Buddha, è un racconto lirico della vita del Buddha storico basato sugli episodi più spesso associati alle narrazioni note del principe Siddhārta Gautama, che negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione fu tradotto in tedesco e francese, un particolare che conferma il valore e il successo degli scritti dell’autore di origine bolognese.
La parola del Buddha, titolo prospettato da Suali nella prefazione del
L'Illuminato per il volume sulla dottrina del Buddha storico, sarebbe appunto divenuto dieci anni più tardi
Gotama Buddha, opera in cui il docente di sanscrito presenta il suo tentativo di scrivere una vera e propria biografia, attraverso la puntuale narrazione del contesto in cui visse Siddhārta Gautama, poi divenuto noto anche come Gotama Buddha negli anni della predicazione, affidandosi in special modo a testi in lingua pāli e in sanscrito tradotti personalmente, che spesso ritroviamo nel fondo donato da Giuditta Tirapani Suali alla Biblioteca Patriarcale San Domenico. Ai testi in lingue indiane lo studioso affiancò alcune delle pubblicazioni più conosciute sull'argomento edite negli anni immediatamente precedenti da studiosi inglesi, francesi, tedeschi e russi, anch’esse oggi nella collezione conservata presso la biblioteca domenicana. L'indianista di origine bolognese raccolse il materiale per esporre al pubblico di lettori italiani interessati ad approfondire l'argomento il messaggio recato dal Buddha storico nel corso della sua vita di predicazione. All'epoca dell'uscita del libro,l'opera di Suali fu presentata in un articolo di quattro colonne dal giornalista Eugenio Giovannetti, che sulle pagine di un quotidiano usò queste parole:
"Il Suali ci fa ben sentire […] il genio prevalentemente etico di Gotama, la sua antipatia per le troppo rigide enunciazioni dogmatiche, il suo bisogno d'equilibrare nella dottrina la ragione, fondamento della disciplina e del metodo liberatore, con l'intuizione mistica dell'irrazionale che supera la ragione sol quando questa abbia portato lo spirito su la soglia della divina perfezione cioè della perfetta quiete".
L'attendibilità del testo di Suali in senso storico resta inalterata, sebbene vi siano senz'altro da registrare progressi significativi nella cronologia coeva agli eventi descritti, che è bene tener presente per rilevare invece ciò che della sua opera oggi sarebbe non più validato dal dato scientifico. I volumi scritti da Luigi Suali, di non facile reperibilità attualmente, valgono a illustrare il rigoroso lavoro effettuato dall’indianista bolognese sulle fonti in sanscrito e pāli, che nel corso del Novecento furono in larga parte tradotte e pubblicate in italiano – ma solo in anni successivi alla pubblicazione del Gotama Buddha – e che ritroviamo in edizione originale oggi nel fondo conservato presso la Biblioteca Patriarcale San Domenico . La competenza di filologo e l’abilità di interprete delle lingue indiane dimostrata da Suali avrebbero in seguito convinto Giuseppe Tucci ad assegnargli un ruolo di primo piano nella realizzazione di “un’Enciclopedia storica, letteraria, filosofico−religiosa e artistica dell’Oriente” , come gli scrisse nel 1950, per la quale Tucci chiese al collega di impegnarsi nell’opera di “tracciare il quadro storico−critico di tutta la letteratura sanscrita e pracrita”. Le conoscenze maturate nel corso di decenni di studi dedicati al pensiero filosofico indiano, testimoniate dal largo successo internazionale ottenuto e dalla stima di colleghi in Italia ed Europa, unite a una sensibilità personale già dimostrata dieci anni prima tramite la stesura del volume dal titolo L’Illuminato, rendono l’opera di Suali una delle più significative disamine critiche del pensiero buddhista delle origini, che l’autore stesso definisce “una terapeutica dello spirito”in un passaggio del Gotama Buddha. A noi resta la preziosa testimonianza della sua vita di studi e ricerche, rappresentata dalla sua biblioteca e dalle sue corrispondenze con orientalisti e case editrici ancora in fase di inventariazione, a cui si aggiungono i volumi della biblioteca dell’unico figlio Mariano, professore di scuola superiore e assistente volontario di filosofia teoretica presso l'Università di Pavia dal 1940−1941 al 1957−1958, ricordato per la sua opera filosofica L'idea speculare: appunti sistematici e per le poesie raccolte nel volume Indicazioni, vincitore del Premio Carducci nel 1952, che chi ama passeggiare per i piccoli borghi dell’Emilia−Romagna può trovare citate per le vie di Saludecio, negli Appennini sopra Rimini, luogo in cui la famiglia Suali−Tirapani si ritirava durante la stagione estiva e dove, ancora oggi, un palazzo sulla via Roma porta il loro nome.
NOTE
1 L’influenza che il Museo Indiano ha sulla cultura bolognese del tempo si riscontra anche tramite la descrizione del calco in gesso raffigurante il corpo emaciato di Siddhārta Gautama, riportato da Pullé da Lahore e restaurato in occasione della mostra I volti del Buddha dal laboratorio dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna, che compare nella stanza del protagonista del primo romanzo scritta da Riccardo Bacchelli, pubblicato nel 1911, Il filo meraviglioso di Lodovico Clò: “[…]E ora sulla tavola aveva presso una copia della statua di Buddha dopo il digiuno di quaranta giorni, seduto all'indiana, aveva le gambe coperte da una tela sottile, il ventre scavato, le costole così nude da parere il torace di uno scheletro, e si chinava un po' verso l'orizzonte. Ma a Lodovico parlava la testa col mento aguzzo, le mascelle scarnificate, le labbra ristrette, scave le guance, in alle occhiaie buie non si scorgevano gli occhi, ma si sentivano, parevano revulsi in sé stesso, e sulla fronte affilata passavano tra pelle e osso due fili appena di sangue che saliva nel cervello, e in quella fronte terribile di concentrazione e febbre Lodovico guardava […]”.
2 Un fondo analogo a quello della Biblioteca Patriarcale San Domenico, che comprende oltre 500 opere riguardanti la storia, la religione, la filologia e la letteratura indiane, le culture del medio ed estremo oriente, è ora conservata presso la Biblioteca di Studi umanistici dell'Università di Pavia. Si tratta quasi esclusivamente di opere moderne, pubblicate in maggioranza nei primi decenni del Novecento, cioè nel periodo di massima attività didattica ed editoriale di Suali. Sono per lo più testi in inglese, tedesco e sanscrito, giunti in biblioteca presumibilmente come donazione da parte degli eredi, in particolare del figlio. Molti dei volumi provengono dal mercato dell'usato e sono contrassegnati da ex libris di precedenti possessori.
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